domenica 20 dicembre 2009

Chiudiamo (il) Facebook (di qualcuno)

Polemiche e polemiche, "a valanga" è il termine giusto per questa stagione siberiana, riguardo la possibile limitazione delle libertà di espressione poste da Facebook. Il bello, per gli spettatori, e il brutto, per gli attori al di fuori del mezzo di comunicazione, è la enorme libertà senza limiti di cinismo, buona creanza, comune senso del pudore. Proprio per questo che comici come Luttazzi si sentono a proprio agio nel web, senza fari puntati a sentenziare la volgarità e l'eccessivo eccesso della battuta. Per Grillo è lo stesso, la critica spudorata si è insediata dentro le menti dei seguaci dell'ex comico fino a diventare un canone da rispettare per ogni cosa (trascurando le debolezze umane; sembra quasi una replica delle severità del Medioevo e dei Savonarola esistiti nella storia). Se riscuotono successo vuol dire che queste cose fuori controllo piacciono, a tanti, e si vede. Finalmente il singolo ascolta quello che vorrebbe sentir dire, si esprime come vorrebbe, come farebbe anche nei discorsi comuni se non fosse che il luogo pubblico o privato da una maggiore esposizione rispetto ad internet, dove invece puoi essere chi vuoi, anche te stesso, ma nessuno ci penserà più di tanto.

Cosa succede su Facebook: essendo un luogo di incontro, si hanno dei dibattiti, delle discussioni o si esprimono semplicemente pareri. Sui fatti del giorno, su delle sciocchezze, magari anche dei luoghi comuni veramente tristi. Sui "gruppi" che il singolo condivide, facendo sua l'idea o il concetto che sta alla base del gruppo in sè. Sotto ai gruppi messi nella bacheca a ognuno è data la possibilità di dire la propria, commentare in sostanza. E nei commenti può emergere una riflessione seria, uno sforzo intellettivo oppure le parole che si direbbero nella vita quotidiana. Ecco, il più delle volte emergono queste ultime. Perchè? Perchè è un pò come essere al bar, senza però esserci veramente. Il pensiero è quello in entrambe le situazioni, però molte volte tra il pensiero e la parola ci sono ostacoli che non prevedi, le barriere del buon senso di cui parlavo prima. Io penso che su internet queste barriere scompaiono. Anche nel caso tu dica un'opinione sbagliata, non condivisa da nessuno, comunque, e sottolineo comunque, vali quanto gli altri che ti ordinano di smetterla. Nè più, nè meno. Quindi perchè peritarsi a dire la propria. Fallo e basta, tanto comunque dopo sarò sempre lo stesso tizio di prima e gli altri pure. Per cui, quando la gente pubblica sulla propria bacheca il gruppo "Fans di Tartaglia", lo fanno perchè pensano inconsciamente che l'aggressore di Berlusconi ha fatto bene a tirargli il Duomo in scala ridotta nel viso. Durante una discussione con sconosciuti o persone poco conosciute avrebbe condannato il gesto, ma nel privato, con gli amici che si sa che votano partiti di sinistra, si fregano le mani dalla contentezza. E anche i politici avranno fatto così. E' sempre stato così e sempre sarà. Fare il moralista in queste situazioni è molto, ma molto, rischioso. Si limita la libertà di pensiero, prima che la libertà di manifestazione del pensiero, libertà che si limita già da sola nelle discussioni pubbliche, cioè nelle occasioni in cui è necessario tenere un certo comportamento. Punto.

domenica 13 dicembre 2009

sabato 12 dicembre 2009

Fama Chimica

Corona condannato a x anni per estorsione. Ricattava i personaggi dello show business con foto compromettenti, effettuate durante pedinamenti al limite della distruzione della privacy. Per tutta la antipatia che si può avere per i personaggi esposti al pubblico tramite mass media, non si può negare loro comunque un minimo di riservatezza. L'antipatia, a mio avviso, la da più chi cerca di guadagnare da comportamenti o atteggiamenti di personaggi che magari hanno ricevuto la celebrità dal nulla per nessun merito. E' sempre notorietà riflessa, derivata, in secondo piano. Personaggi come lui dovrebbero contare meno di zero, se si ammantano di fama rubata a chi la fama, nel bene o nel male, la ha. E' un pò la storia dei parassiti, ma da lì ad arrivare a cercarsi una celebrità come "personaggio" ce ne corre. Vittima di un controsenso, di un maisenso, come dice un mio amico. "Il Robin Hood dei giorni nostri" non è riuscito a sottrarsi alla giustizia nostrana, Nottingham è lontana nel tempo e nello spazio e ogni tanto qui da noi qualcosa funziona, come la tanto bistrattata giustizia. Ma non è abbastanza, lo show deve andare avanti, anche quando i personaggi da sostituire cercano di arrampicarsi con le unghie e con i denti sugli specchi, spaccando scenografie con i pugni dalla rabbia oppure rinnegando la propria terra natìa. E ne ritornano di nuovi, ne arrivano di nuovi o di vecchi non ancora invecchiati, con un futuro davanti e una fedina penale (si presume) pulita. E la fame di fama o la fama da fame non si esaurisce.

martedì 8 dicembre 2009

Dietrologia (?)

Per quelli che pensano che le coincidenze, soprattutto in politica, sembrano più artefatte che autentiche.




Troppa grazia a Sant'Antonio, aver preso due pezzi grossi di Cosa Nostra subito dopo il No B. Day, dove il grido "Mafioso!" era uno degli slogan più sentiti nelle piazze e nelle strade.

domenica 6 dicembre 2009

Strumenti a chi?

Ieri ero al No B. Day (il No Berlusconi Day, per chi non l'avesse mai sentito dire e anche per Fede). Manifestazione enorme, tantissima gente, vestita di viola, che era il colore della manifestazione, quello della vergogna, e non (io ad esempio), con striscioni, cartelli, raganelle, fischietti, ecc. Una manifestazione per mandare a casa, cosa impossibile, il nostro premier, per tutto quello che ha fatto, per l'immagine dell'Italia, per i fondi tolti alla ricerca, per i (non tanto) presunti contatti con la mafia, per le opere faraoniche che distruggono il paesaggio dell'Italia, per le soluzioni approssimative portate all'Aquila, insomma, per i suoi 15 e più anni di presenza nel suolo politico nostrano. Una manifestazione contro un singolo che è riuscito a portare a questo atteggiamento un gruppo che poi è diventato partito che poi ha trovato elettori. Non una manifestazione indetta da partiti. Per certi versi anche CONTRO i partiti, quelli al governo e quelli all'opposizione (se di opposizione si può parlare per taluni casi).

Detto questo provate a andare a vedere le immagini della manifestazione. Decine e decine di bandiere rosse, di Rifondazione, dei Comunisti Italiani, addirittura dell'Urss e del Pci. Nello stesso giorno, di mattina e non di pomeriggio quando si sarebbe svolta la manifestazione, un "congresso fondativo" avrebbe decretato la riunione dei partiti di sinistra extraparlamentari ad eccezione di Sinistra e Libertà. Che occasione d'oro. Certo, avrà fatto anche bene alla manifestazione No B. Day portare migliaia di persone a raccolta. Ma ha dato noia questo folto gruppo di bandiere. Un invito a nozze per la strumentalizzazione dei mass media, sempre che essi ne vogliano parlare, of course. Già li vedo i titoli, "Raduno di comunisti per le dimissioni del premier", sottotitolo "Berlusconi: vedete che avevo ragione, tutti giudici e magistrati". Se di manifestazione apolitica si tratta, tutte giù le bandiere, senza divisioni, compatti contro il nemico comune. Un operazione d'immagine molto sensata. Una tattica che anche il premier nelle vostre condizioni avrebbe usato. Mentre il Pd c'era con l'anima ma era impossibilitato con il corpo per non sporcarsi le mani con discussioni da gente comune. E ritorna l'eterno interrogativo di Nanni Moretti...


lunedì 30 novembre 2009

Novembre politico

2009, mese di novembre. Silvio è disperato per la fine misera del suo lodo (suo perchè sarebbe stato il primo ad usufruirne tra le quattro cariche dello stato, sebbene ora vogliano tirare in mezzo anche Schifani), pensa alle elezioni anticipate per rimandare i processi, pensa a mini lodi,e anche Casini, suo ex compagno di coalizione, che in nome dei vecchi tempi passati insieme a governare e, secondo quanto dice, in nome del popolo italiano, vuole dare una tregua alle persecuzioni giudiziarie per riportare l'attenzione sulla crisi finanziaria, sulla famiglia, sull'immigrazione, insomma su quelli che si suppongono essere i problemi veri del paese. C'è chi pensa alla successione di Silvio. Io penserei, come oppositore politico, a come toglierlo di mezzo dalla scena politica prima di pensare al successore, legalmente, s'intende. Si parla di lotte intestine al partito di maggioranza, proprio per avere la fiducia del padrino riguardo la successione. Tremonti, Fini, correnti per ambo le parti, se poi ci si mettono anche le lotte tra ministri (il solito Brunetta). Tutti ne sono al corrente, ma la maggioranza è ferma, salda. Deve combattere l'avanzata dei magistrati comunisti, che cercano in tutti i modi di portare a termine questi processi (che alla fin fine è il loro lavoro). Prima Silvio, poi le donne, poi i bambini. Il salvato cerca impegni a più non posso, si fa invitare da leader europei e non che hanno un certo feeling con le sue mosse un pò sopra le righe (Lukashenko e Gheddafi), fiutando affari in esclusiva con gli stati che rappresentano, da buon imprenditore qual'è, per non fare viaggi a vuoto e per non presentarsi alle udienze tribunizie. In patria invece c'è chi ci mette la faccia per sembrare più buono di com'è (o come potrebbe essere), più magnanimo di chi c'è al potere, nonostante faccia parte della stessa coalizione, più pacato e moderatore. Il signor Fini. Con lo scudo (non crociato, quello appartiene a altri) si difende dal duplice attacco di Feltri e della Lega, smentisce dossier probabilmente inventati per aumentare le copie, diventa amico degli immigrati e non stronzo come i suoi colleghi di maggioranza, vuole la pace e la fratellanza tra popoli, nemmeno il Prodi più mite e sonnifero. Il motivo è: perchè? Ipotesi: cercare di fare un partito di centrodestra, senza trattino, visto che il centro, forse, ce lo metteva il premier, e la destra, anche troppa, ce la metteva lui e la sua compagine di aenne. Impresa ardua, dovrebbe prendere la leadership, cosa non scontata, togliere grandissima parte degli attuali iscritti, partecipanti, militanti, estremisti, stronzi, ex-qualcosa, peoni, ministri e sottoministri, berluscones, ecc. E considerare che era partito dalle ceneri del neofascismo meno estremista degli anni di piombo. Depurare il colore nero fino a far diventare chiara l'acqua non è roba da poco. Altro motivo: prendere in mano la situazione molto degradante (che gesto nobile Gianfranco). C'è da credergli? Si vergogna pure lui? Ha a cuore questo paese? Chissà.

All'opposizione che succede? Bersani vuole prendere in mano il partito allo sbando, così liquido che si stava espandendo a macchia d'olio sul tavolo delle indecisioni. Già alcuni, prospettata la mala parata, hanno deciso di uscire preventivamente prima di incappare in clausole di rescissione spiacevoli o prima di non poter uscire per niente. Obiettivo su cui puntare l'attenzione da ora in avanti: il lavoro. Buon punto di partenza, non ci aveva mai pensato nessuno. Per gli altri candidati era la laicità (molto più astratto) e ... qual'era quello di Franceschini? L'opposizione? L'antiberlusconismo? Boh, una di queste cose qui. Secondo obiettivo: alleanze. Con tutti quelli che non sono di destra o centrodestra. Apparte qualche significativa eccezione estremista (capirai, Rc, dopo aver sfasciato un governo lo ri-inviti pure?). Con il centro già qualche difficoltà in più. Se l'impostazione nuova del Pd non è come la precedente, tornare in zone ancora più losche di quelle di prima è difficile per i più. Il nuovo Pd, come dovrebbe essere? Io un'idea ce l'ho. Come quelli che, nel massimo splendore qualche anno fa, erano i partiti social-democratici. Un sogno, nella sempre anomala Italia. Finito il socialismo corrotto, sorpassato e deragliato il comunismo, inventare qualcosa è pressochè impossibile. Meglio rifarsi a qualcosa già esistente, collaudato e funzionante, almeno in certi periodi. Meglio di nulla. Ma anche qui, sforzi enormi. Riconvertire menti non ancora abituate a stare in un partito con la Binetti e Franceschini può essere la goccia che fa traboccare il vaso. "E allora decidetevi, io ho chiuso con voi" potrebbe essere la risposta. E allora hai voglia a socialdemocrazia, chi ti viene dietro? Tentativi rischiosi.

In definitiva, molti vorrebbero riuscire a definire i propri sogni in realtà.
Mentre chi c'è riuscito ora non vede l'ora di andarsene.

domenica 22 novembre 2009

Riflessione Joyceiana, se Joyce me lo permette.

(era tanto che non mi abbandonavo alla scrittura)
Sembra quasi un anno, e invece

eccoti qua. come eri, così ritorni. nella mia mente non sei mai cambiata, ai miei occhi si sovrappongono le immagini di ieri e oggi. Bene, come va? tutto apposto? vivi bene? no? vivi? sono contento. qui? ah, non sai cosa ti sei persa. niente. a dirti la verità proprio niente. figuriamoci se qualcosa cambia quaggiù da noi. le dolci colline, gli olivi, il traffico moderato, i treni della stazione. cosa vuoi che cambi? opere pubbliche per ora non sono previste. ah, ma dici del gruppo? il gruppo per ora è fermo, si prova, si suona, ogni tanto qualche data, flussi di canzoni, per il resto. ah ma proprio il gruppo di amici. ah no niente, sempre le solite cose. chi era falso è rimasto falso, chi non si faceva vedere è sempre più isolato, non che me ne importi qualcosa, figuriamoci. i megalomani? non hanno fatto scalate, però ci credono, l'importante è crederci, no? i due fidanzatini? stanno sempre insieme, loro non mollano mai, non gli avresti dato un soldo di cacio e invece stanno sempre insieme, l'avresti mai detto, le altre coppie invece sono crollate. pensavi che l'anello al dito fosse già pronto, no, magari è una pausa, magari no, chissà, staremo a vedere, sempre se ne sapremo qualcosa. le tue amiche? ah boh, fattelo dire da loro, sempre uguale la situazione. sai cosa? sei mancata per troppo poco tempo, per apprezzare i cambiamenti, quelli forti, quelli da bocca aperta, quelli da mano sulla fronte, quelli da svenimento. ripassa, che so, tra quattro o cinque anni. fatti una vita lassù e poi ritorna. penso qualcosa cambierà. sai, quaggiù siamo abitudinari, una volta che facciamo una determinata azione più di tre volte, scusa il gioco di parole, non ce la leva più nessuno oh, c'è poco da fare. i tuoi amici sono sempre gli stessi, scemi, terribili, terrificanti, anormali, specie protette. i loro futuri sono congelati in camere iperbariche, aspettano l'occasione propizia per uscire, tra qualche anno. e sai, quando li vedrai realizzati, allora si che non cambierà nulla. faresti meglio a non tornare più lassù. rimani, e vedrai i cambiamenti così piano che non ti accorgerai di nulla. e quando saremo tipo su qualche panchina, a rievocare i vecchi tempi, ci ricorderemo del passato e lì avverrà il colpo, la botta, però lieve. invece se vai e poi ritorni ti arriva tutto insieme, ti fa male. farebbe male anche a noi scoprirlo in questo modo. dai retta. vieni da noi. in questa bolla, stabile, calma, ferma. c'è chi l'ha presa così e non vuole più uscirne. crede nella reincarnazione o in una seconda vita per cui pensa che le delusioni facciano male quindi è meglio non averne. mi sono dilungato troppo. andiamo a bere qualcosa va. dove? stesso pub? ormai siamo abbonati lì, noi dico. però mai una volta che ci offrisse nulla.

martedì 17 novembre 2009

Una persona comune che parla di persone non comuni

Non ti ricordi di Ken Saro-Wiwa, il poeta nigeriano, un eroe dei nostri tempi
A sangue freddo, Il teatro degli orrori

Sono un eroe, perché lotto tutte le ore, sono un eroe perché combatto per la pensione
Eroe (storia di Luigi delle Bicocche), Caparezza


Questi due sono esempi di persone che hanno compiuto un azione ritenuta straordinaria dai più, che hanno lottato o lottano tuttora per un'ideale, un credo, un pensiero, uno stile di vita meritevole, che vivono impiegando molte delle loro risorse nella causa che sono impegnati a promuovere, sia essa la dura fatica di un manovale, sia la lotta contro una multinazionale del petrolio per la salvaguardia dell'ambiente e di un popolo intossicato dall'olio nero (qui maggiori informazioni). C'è chi ci ha rimesso la propria vita, chi invece se la vive ogni giorno, sempre peggio, senza gratificazioni morali o materiali. Queste persone, seppure nella loro diversità, vengono etichettate come Eroi. Ma l'eroe, così definito da altri, ha coscienza del suo stato? Ha coscienza del fatto che sta facendo qualcosa fuori dal comune? Cosa fa sì che la sua azione sia diversa da altre azioni di altri uomini? La straordinarietà, forse, l'irripetibilità. Wikipedia dice il sacrificio della propria vita. Per fini valorosi. E chi li decide questi fini? Chi glielo fa fare di buttare via la preziosa esistenza per poi avere un beneficio di cui non godrà? La morte può essere intesa come un ultimo gradino (o il primo) di una scala di ipotetiche azioni che possono portare a una notorietà e a una memoria nelle generazioni future (forse questa è la santificazione o l'idolatria, cammino sul filo del rasoio). Quand'è che il suddetto potenziale eroe sceglie di diventare eroe? E' una scelta inconsapevole, presuppongo. "Che lavoro vuoi fare da grande?" "Il supereroe" si rispondeva un tempo da bambini, ma anche i supereroi avevano i loro poteri per mano del fato o del caso. Per il fatto che è una cosa decisa a posteriori, dire "è stato un eroe" per me è sbagliato. Non è un eroe Saro-Wiwa, non sono eroi coloro che muoiono in guerra durante le missioni umanitarie, non sono eroi coloro che riescono a sopravvivere a un lavoro infame e misero, i vigili del fuoco e gli operatori della croce rossa non sono eroi. Sono persone che si sono scelte il loro percorso di vita, con maggiore o minore scelta. Loro stessi, in virtù della modestia che caratterizza le persone eccezionali, non si sarebbero definite eroi, ma persone che hanno svolto la "missione" prefissata. Penso di offenderle chiamandole così. Un modello per tutti noi, andrebbe bene? In nome dell'egoismo umano, personalmente, dico di no. E anche in nome della libertà di scelta della propria esistenza. Non dico nemmeno di fare della propria vita un modello, ritornando al discorso di prima. Tutto viene deciso dal caso, dalle situazioni, da come va. Ma come vivere senza avere dei punti di riferimento a cui farsi? Ecco, bella domanda...

venerdì 6 novembre 2009

Non ho l'età

E' incredibile come la società sia cambiata in poco tempo (poco inteso come una decina, una ventina d'anni). Oggi prendo un treno diverso dal solito, il treno delle 14.43, strapieno, o troppo piccolo per il numero delle persone presenti, che dir si voglia. Mi appoggio a un sedile e rimango in piedi per due fermate di seguito, finché non si libera il posto nel sedile dove mi appoggiavo. Ci faccio caso, lo scruto attentamente, so che potrebbe essere mio se non che un ricordo mi passa alla mente, il ricordo di quegli adesivi che si mettono sotto i finestrini dei bus, che recitano "cedete il posto a persone anziane, donne in gravidanza, invalidi" ecc. Un ricordo, brutto avere un ricordo dell'educazione. Comunque, tengo il posto libero. Vedo molte persone, soprattutto donne, accanto a me. Alle quali lascerei volentieri il posto. Ma non ci si mette nessuno, per almeno tre-quattro secondi. Finché una ragazza di 30 anni circa mi fa "che fai, non ti siedi?". E io rispondo "no, prego", e lei velocemente si mette a sedere, con la sua busta di boutique sulle gambe, tirando un sospiro di sollievo. E mi domando: "Avrei potuto mettermici io, anzi, avrei dovuto, secondo queste nuove convenzioni anti-adesivi del bus. In effetti non era una donna incinta. Nemmeno una invalida, e neanche un'anziana. Però. A che punto ci si rende conto di essere anziani e di dover chiedere o esigere o farsi cedere il posto? Questa era una ragazza che si avvicinava più verso la donna. Con che titolo io avrei potuto mettermi a sedere al posto suo, visto che l'ordine dell'età è intransigente. L'unica cosa è che non avrei potuto cedergli il posto per il fatto dell'età. Sarebbe stato un insulto alla vera età della persona, non ha mica 70 e passa anni. Però io l'ho fatto principalmente, e inconsciamente, per questo motivo. L'ho insultata inconsciamente. Le regole del bon ton, o semplicemente della buona educazione sono cambiate e io non me ne sono accorto. Accettare la differenza di età è quasi un insulto, eccezion fatta per i casi limite. E allora?". Nel mentre si era liberato un posto due file più avanti. L'ho occupato, in nome delle nuove regole del gioco.

lunedì 19 ottobre 2009

Strategia ineccepibile.

Scena: treno delle 18.22, ritorno verso casa dall'università. Trovo posto davanti una coppia di signori di una certa età, presumibilmente turisti tedeschi o svizzeri. Come sempre all'andata, meno spesso al ritorno, giunge il controllore. Non un controllore, perché già noto a molti di quelli che percorrono la tratta Pisa-Firenze come pendolari, col nome di Baffino. Tale Baffino comincia a chiedere i biglietti, cortesemente senza troppa premura, e fin qui niente di che. Arrivato alla coppia di turisti, essi gli porgono i biglietti, non obliterati. Cercano di spiegare in lingua inglese il perchè di tale mancanza: la macchina obliteratrice non voleva timbrare il biglietto, hanno provato a inserirlo più di una volta ma dopo svariate prove il treno era arrivato e era troppo tardi per andare ad un altro binario e convalidarlo. Così sono saliti lo stesso. Dietro al biglietto c'era scritto che la convalida poteva essere effettuata dal controllore in caso di guasto della macchinetta e loro si erano messi a sedere in attesa dell'eventuale arrivo del controllore di turno. Il controllore, dopo aver sentito la spiegazione, chiede ad una signora seduta di fianco se è salita alla loro stessa fermata e se la macchina obliteratrice funzionava. Risposta affermativa. Multa. Io avrei sfidato il controllore a trovare dei turisti più diligenti e accorti di quella coppia, così attenti da non aver trascurato il particolare delle istruzioni dietro il biglietto del treno. Però c'era poco da sindacare. In linea di massima, una massima dagli ampi confini, tutto era regolare. C'è un però (in questi post c'è sempre un però, sarà quello che mi spinge a scrivere?). La gialla macchinetta obliteratrice presenta un mini-display sopra la fessura dove si inseriscono i biglietti. Che recita, all'introduzione del biglietto, "inserire a sinistra". Solo che lo dice in italiano. Quei poveri cristi come facevano a sapere quello che diceva la macchinetta. Loro hanno inserito al centro, come si dovrebbe fare secondo la logica, e il biglietto non era stato convalidato. Indipercui multa. Baffino sapeva, molto bene, ma ha preferito seguire la legge alla lettera. Ha mostrato dei pannelli illustrativi in varie lingue ai turisti cosicché potessero capire dove stava l'errore di base. E ha infierito, comunque. No second chances, multa. Così si impara, subito, anche nel caso non avessero capito cosa c'era di sbagliato. Informazioni sul caso singolo + applicazione della legge - interpretazione del caso singolo. Strategia ineccepibile.

Bastardo.

E' stato quello che ho detto alla coppia. C'è stato un di dialogo riguardo l'accaduto, manifestazioni di solidarietà, ecc. Alla fine ci hanno regalato i biglietti. Che non erano stati segnati dal controllore, e visto che non erano stati convalidati, sono ancora buoni. Strategia ineccepibile, non c'è che dire, caro Baffino.

Solidarietà ai turisti tedeschi vittime di controllori bastardi.

venerdì 9 ottobre 2009

Il corruttore

«Sono un perseguitato dalla magistratura. Il più grande perseguitato
della storia, visto che sono stato sempre assolto, con due
prescrizioni. Ho speso 200 milioni di euro per i giudici... scusate,
per gli avvocati.»


(dichiarazione di Silvio Berlusconi che potete trovare qui: http://www.corriere.it/politica/09_ottobre_09/berlusconi_quirinale_napolitano_collaborazione_48da983c-b49b-11de-939a-00144f02aabc.shtml )

lunedì 5 ottobre 2009

Gelmini e Brunetta, Pisa vi rifiuta

Corsivo
"Continuiamo così, facciamoci del male"

Nanni Moretti

A Pisa dovevano essere presenti per un convegno sul futuro di internet i ministri Brunetta e Gelmini. Un'accoppiata vincente, due promotori dei tagli alle spese pubbliche di varia natura per vari scopi (c'è chi dice che non sia nemmeno colpa loro, che dietro ci sia l'oscuro zampino di Tremonti, ma tant'è). Brunetta è reduce dall'ennesima esternazione, quella di mettere i compensi dei giornalisti Rai accanto al loro nome prima delle trasmissioni (sputtanando così il diritto di privacy, ad esempio), mentre invece la Gelmini è ancora occupata a tralasciare le manifestazioni di disaffetto e antipatia che continuano il ciclo iniziato lo scorso ottobre, prima per contrastare le riforme in progetto, ora per contrastare le riforme vigenti.

Oggi c'era l'opportunità di incontrare, in un colpo solo, due dei personaggi più contestati e contestabili della scena politica italiana. Un'occasione così è irripetibile, per il dialogo che non è mai esistito (Gelmini) e il faccia a faccia con il popolo e non con i giornalisti (entrambi). Tutto quello che gran parte degli italiani che non ha votato (ma anche una bella fetta di quelli che hanno votato) PdL ha sempre aspettato. E invece, che fanno? Organizzano dei bei gruppi di protesta e manifestazione. Titolo: Brunetta e Gelmini non vi vogliamo! MA PERCHE' ? MA DOVE LA TROVATE UN'ALTRA OCCASIONE PER VEDERLI E FARE QUELLA COSA TANTO INTELLIGENTE CHIAMATA "CONFRONTO"? POTEVATE SPUTTANARLI IN DIRETTA E INVECE LI AVETE FATTI SCAPPARE, ANZI, NON LI AVETE NEMMENO FATTI VENIRE! Perchè non sappiamo sfruttare occasioni come queste?
Se questo passava con un tam tam meno "casinista" e più sotterraneo, con una mobilitazione silenziosa, si sarebbe potuto fare qualcosa. E invece no, bisogna farsi sentire, bisogna mandarli via, farli tornare a Roma, così almeno combinano anche qualche altro disastro.

venerdì 2 ottobre 2009

L'ultimo ultimatum stavolta lo dico io!

Nel momento del bisogno fisiologico c'è sempre qualcosa che manca in bagno: la carta igienica. Come al solito, rimane quel giro, giro e mezzo di rotolo prima che finisca, e vabbè, ci siamo passati tutti. Quello che non manca mai, nel mio bagno e in quello di molte persone, è la rivista. Non il giornale, ma la rivista. La "guida tv" che alla fine è il giornaletto di gossip, con notizie di nessuna importanza trattate con articoli multipli, foto di grande formato, interviste, approfondimenti e chi più ne ha più ne metta mentre per le notizie importanti è riservato un trafiletto senza nemmeno il titolo in grassetto (dare notizie futili: è un lavoro sporco ma qualcuno deve pur farlo). Dopo aver adibito alle mie funzioni corporali, butto l'occhio su una copertina di questa pagina che reca non mi ricordo quale titolo. Parla di un ultimatum tra una coppia, cose così. Mi ha colpito la testa visibilmente quadrata del ragazzo, che nemmeno uno scagnozzo del boss dei cartoni animati, e la faccia inebetita della sua compagna. Dicevo, il titolo parla di un ultimatum, penso da parte di uno dei due partners, affinchè l'altro ripensi a cosa c'è di sbagliato nella loro storia d'amore e non la faccia finire. Soprattutto, la notizia non è stata ricercata attraverso le più svariate fonti, anzi, è stata proprio una dichiarazione dei due!
Ora, conclusa la premessa, volevo raccontare il mio punto di vista. Mi domandavo: come mai c'è questa rinuncia alla privacy da parte di personaggi a me sconosciuti ma senz'altro conosciuti e ammirati al popolo del piccolo schermo, rinuncia inversamente proporzionale al desiderio di privacy delle persone normali, delle quali parte di esse si presume leggano queste riviste? Forse per rimanere sulla cresta dell'onda del successo? Per piacere personale? Perchè tutti i lettori sono loro amici o conoscenti? Perchè tanto vale dirlo pubblicamente prima che si vada a sapere da voci di corridoio, che potrebbero falsificare o manipolare la notizia? Dalla foto in copertina sembra proprio che insieme abbiano risposto al giornalista riguardo questa storia quasi al capolinea. Del tipo:

"Insomma, com'è successo che voi siate arrivati a questo punto?"
"Eh sai, io gli ho detto a lui: o così o pomì! Ora basta, tu non mi apprezzi per quello che sono!"
"Si, più o meno mi ha detto queste parole. E io gli ho risposto che non è vero, che non l'apprezzo per quella che è, che se non mi specifica le opzioni io che cazzo ne so qual'è quella giusta per stare con lei! Che poi pomì nemmeno la conosco, fosse bona ci faccio un pensierino"
"Ah ecco. Non ho altre domande"

Comunque sia, abbiamo bisogno di queste cose. Per svago, per farsi due risate, per invidiare, per non invidiare. Per cagare meglio.

venerdì 25 settembre 2009

Economia spicciola

"Dovrei passare tutta la vita a pensare alle cose che ho/Alle cose che vorrei/Al modo di raggiungerle/E poi a come difenderle?"

Fantasma, Linea 77

"L'economia, o scienza economica, studia il modo in cui gli individui si organizzano per sopravvivere e migliorare la qualità della propria vita. [...]
Un elenco di possibili obiettivi finali dell'attività economica:
a) soddisfacimento dei bisogni fisici fondamentali
b) felicità, intesa come soddisfazione, piacere, rispetto di sè e pace interiore. [...]"

Microeconomia, N. Goodwin, J. A. Nelson, F. Ackerman, T. Weisskopf, edizioni Zanichelli. Il mio libro di economia politica.

Secondo questo libro sì, gli individui migliorano la qualità della propria vita con soddisfacimento di bisogni fisici e mentali. Se poi vuoi passare una vita di merda, affari tuoi.

domenica 20 settembre 2009

si dice F**k You, si scrive Fuck You

Il caso: una canzone di Lily Allen si chiama Fuck You, fottiti. Togliendo tutti i possibili scandali derivanti dal titolo, la canzone è una bella canzone, una canzone pop con un piano che sembra giocattolo, un'allegra e se vogliamo dolce canzone pop che ti manda affanculo con simpatia. Niente a che vedere con quel rapper che sfondò le classifiche con una canzone omonima perchè gli avevano fatto le corna o, per rimanere in territorio italico, con "Vaffanculo" di Masini. E' una bella canzone quella di Lily Allen e lei giustamente l'ha scelta come singolo. Sono andato a cercarmi il testo e in pratica è un'invettiva contro lo stereotipo di persona cattiva, un razzista a favore della guerra con un seguito di picciotti appresso. Il vaffa ci sta bene, a mio avviso. Poi c'è modo e modo di dirlo; io un modo più carino di questo non l'ho ancora trovato. Comunque, dove sta il fattaccio? Ora ve lo racconto. La prima volta che ho sentito questa canzone è stata alla radio. Non censurata. (E tutti ora capiscono dove voglio andare a parare). La seconda è stata in tv, su Mtv. Censurata, con un trillo di campanellini. Provate a immaginare il fastidio provocato da un trillo ripetuto almeno 6 volte per ritornello senza considerare i cori. La censura è per non sentire parolacce in televisione, come quando censurano le puntate dei reality show quando i concorrenti litigano. Soltanto che nei reality show i concorrenti inveiscono in italiano, per cui ha un senso censurare parole che i minori (intendiamoci, i minori di 6, 7 anni, ma anche meno, perchè da quell'età in su le sanno già tutte e sono in grado di ripeterle). Censurare parole in inglese che i bambini italiani non capiscono è già diverso, si potrebbe fare un eccezione. Se la parola "fuck you" non è accompagnata dal dito medio, chi potrebbe capirne il significato non conoscendo la lingua? Oltretutto, quando è pronunciata e non scritta, la cosa è ancora più difficile, si potrebbe fare uno strappo alla regola. Penso che il video provenga da Mtv Uk, dove la censura è necessaria, ma qui no, almeno non per gli italiani fino all'età adolescenziale. Vabbè, non stiamo a impuntarci per un niente. E invece no. Magicamente, alla fine del video, arrivano i sottotitoli dove appare il nome dell'artista, Lily Allen, e il titolo della canzone, Fuck You! Ta-dah! La censura è magicamente sparita. Ora si che i ragazzi possono comprendere la parola occultata, ora si che possono scriverla, ora si che possono chiedere il significato mettendo i professori d'inglese in imbarazzo, ora si che possono farsi dire il significato da un qualsiasi ragazzo italiano con un minimo di nozioni di inglese (e anche se non ce l'avesse, le parolacce nelle lingue straniere si sanno sempre quando si fa qualche viaggio all'estero). Ora si che questi bambini possono mandare affanculo in inglese papà, mamma, nonni, zii, parenti, amichetti, persino i maestri. Ora si! Tutto questo per colpa di una televisione che ha voluto censurare la canzone ma non i sottotitoli di essa!

sabato 12 settembre 2009

Videocracy



Il titolo voleva essere "Videocracy è un bel film, magari m'aspettavo di meglio però alla fine ci sono altre cose interessanti che hanno compensato il fatto che non ci sono le cose interessanti che mi aspettavo. Se avessi scritto così però il post non lo leggeva nessuno.

Cominciando: l'inizio è molto buono, si vede il primo programma a luci rosse della tv privata, di cui però non sappiamo il nome, e da lì un'escalation esorbitante, da Colpo Grosso fino alle soubrette dei quiz pomeridiani per spiegare come la tv ci ha inculato. Poi spiegazione non prolissa del fatto che il Presidente ha in mano il paese perchè ha in mano le tv, potere mediatico, ecc ecc. Il documentario non è alla Michael Moore, dove vediamo il suddetto regista andare a giro a intervistare personaggi, ricostruire faccende sporche e tirare le fila del discorso. Il regista c'è, ma non si vede. Parla. Con una voce che ricorda Jocelyn per le origini svedesi. Convince poco. Non cattura l'attenzione necessaria. Ci si distrae con le immagini proiettate. Si perde il filo del discorso facilmente.

Alla fine poi si riesce a capire le connessioni, certo. E' un film "facile", nel senso che non ha trame e controtrame, flashbacks o misteri. La storia è questa, eppure rimane difficile seguirla dopo un pò. Sarà per la mancanza di sottotitoli (sembra una cosa stupida ma, almeno io, riesco a concentrarmi di più su un dialogo scritto rispetto a uno pronunciato a voce). La mente vaga e non ha metà nè percorso. Peccato.

Il Presidente è sempre protagonista, invisibile, non intervistato ma preso in vari momenti, varie situazioni. A comizi, cerimonie, parate, per far vedere che questo è il suo mondo. Un mondo fatto di paillettes, lustrini, belle donne e sorrisi smaglianti, come il suo.

Più interessanti sono i comprimari, chi campa del mezzo con cui il Presidente governa, e non sto parlando dei parlamentari. Lele Mora e Fabrizio Corona. Due personaggi, che anche a inventarli non sarebbero come sono veramente. Hanno una personalità unica, dei ruoli eccezionali che li rendono eccezionali. Chi campa sullo show business e chi lo fa dopo averci campato in maniera non propriamente legittima. Due prodotti dell'essere come apparire. Chi ti manda in tv perchè hai "un'esperienza di vita che trasmette qualcosa" (cosa avrà voluto dire?) e chi ti manda a cagare in tv, solo perchè recita una parte, non il Robin Hood dei poveri ma una faccia di culo.

Alla fine della storia del Presidente si parla in modo certo ma senza citare fatti o dati. Chi si aspettava un libro di Travaglio formato film è rimasto deluso. Di giornalistico c'è poco. I fatti parlano da sè, soprattutto quando la voce fuori campo spiega ma non viene ascoltata. Si rimane di stucco solo a certi particolari esageratamente scandalosi, come la suoneria di Mora o la faccenda Corona a Garlasco. Per il resto siamo già troppo assuefatti per essere scossi dai fatti di tutti i giorni. Non ci sono colpi di scena architettati, perchè dovrebbe, in teoria, essere tutta una sorta di colpo di scena. E' come quando una fiaba narrata da secoli a voce viene finalmente scritta su carta. E' un atto necessario ma comunque aggiunge poco o nulla alla versione che tutti (gli interessati e informati) sanno. D'altra parte non parla nemmeno di catastrofi imminenti o di azioni da poter fare nell'immediato per contrastare il potere videocratico (sto prendendo in esempio come secondo termine di paragone Zeitgeist). I fatti ci sono, il modo di raccontarli "sdubbia". Si poteva fare di meglio, con un cambiamento di struttura del film.

7 per l'argomento, 5 per come è stato raccontato. Aspettavo di meglio

mercoledì 9 settembre 2009

Allegria?

E' morto Mike Bongiorno, lo sappiamo tutti, volenti o nolenti. Coccodrilli a volontà, tutti gli volevano bene, anche chi l'ha licenziato senza nemmeno auguri o saluti (vedi intervista con Fazio). Elogi da tutte le parti da parte anche di persone che giustamente hanno un ricordo positivo di lui. Da morti tutti vorrebbero complimenti e auguri, per ricordare solo le cose buone della propria vita. I premi, le onorificenze, i programmi storici. Le lauree. Richieste. A forza.

Non si fa così. Le lauree honoris causa arrivano da sole, quando devono arrivare, se devono arrivare. Non si chiede, quasi con obbligo. Vedere per credere.



Tanto per far vedere che anche uomini dalle vite ritenute eccezionali hanno difetti di uomini normali. Non so se è un bene o un male, in questo momento non so esprimere un'opinione.

lunedì 31 agosto 2009

Apologia del Messaggino

Io aspetto sempre un po’ di tempo prima di rispondere agli sms. Ti danno l’opportunità di avere un minimo di tempo per pensare rispetto al dialogo. E io la sfrutto, a pieno, anche troppo. Sono fatto così, a volte rispondo anche 6 o 7 ore dopo. E non crediate che me ne scordi, anzi. Sotto sotto rimugino su cosa posso rispondere, in che forma, con quali parole, anche perché devo rispondere, se devo. E’ una crescita lenta, ponderata, misurata, contro l’impellenza di parole che non ho. Contro la grammatica che se ne va per i fatti suoi, contro la sintassi che mi mangio a tutte le ore, contro la fretta cattiva consigliera, contro la mente che va troppo veloce anche per un cellulare. E’ una cosa buona? Forse. Di sicuro è naturale. E’ come la frutta, se è biologica è più buona ma alle volte ci trovi il baco. Il mio baco è la carenza di argomenti. Chiedo venia. Il troppo pensare fa male. E non sono un grande oratore in versione “abbiamo in collegamento con noi …”. Chi mi conosce lo sa, si è abituato. Chi no lo farà. Le cose stanno così.

lunedì 17 agosto 2009

I'm gonna fight'em off

Bossi ha lanciato l'idea. Io la modifico. Il "Va Pensiero" non lo conosce nessuno, si fermano tutti a "sull'ali doraaaaate".

Ci vuole qualcosa di semplice, intuitivo, conosciuto e senza troppi significati risorgimentali. Ormai i ggiovani ne hanno piene le scatole delle Guerre d'Indipendenza, perchè ne abbiamo combattute centinaia e non ne abbiamo mai vinta una, dei morti in battaglia (se perlomeno ne avessimo vinta una che fosse una allora ricorderemo quella), della lotta per l'unità nazionale (quando ormai c'è chi rimpiange i Borbone, i Savoia versione regionale e gli Asburgo).
Ci vuole qualcosa che unisca davvero, che ha già unito tutti in passato, ma non in un passato troppo remoto, recente, attuale, del XXI° secolo.

Ci vuole... Ecco cosa ci vuole: QUESTO. E stavolta non facciamo la cavolata di usarla interamente come inno. Basta il ritornello, facciamo 7 o 8 giri di ritornello e poi basta, ok?

martedì 4 agosto 2009



Ieri ho visto "Gran Torino" al cinema all'aperto sotto casa mia (parentesi: del cinema normale si paga le comodità, del cinema all'aperto si paga l'atmosfera, e il rischio che piova da un momento all'altro). Gran bel film. Attuale anche in Italia, sebbene a primo acchito possa dar vita nella mente a un'americanata (la presenza di Clint Eastwood, il nome di un film come una coupè Ford). Nella famiglia di Walt ho rivisto molte storie, anche vicine a me, molti piccoli particolari che sono stati messi tutti insieme per far sì che il numero maggiore di famiglie vedesse sè stessa nel film. Il nipote che aspetta altro che la dipartita del vecchio per accaparrarsi i beni preziosi di una vita come il divano in pelle o addirittura (sacrilegio) la Gran Torino. E' nonno, parlaci te, no non ho voglia, tieni mamma, no, parlaci te che sei suo figlio. Tanta fatica per nulla, scambiarsi ciao-comestai-lavorotuttobene-cisentiamo-ciao. I regali su misura di anziano, tipo SalvaVita Beghelli. Accorgersi di avere un estraneo come padre/nonno. Cose così. La ricerca di un mea culpa da parte del pubblico, questo è uno degli scopi del film, a mio parere. Che magari può non esserci, non è detto. Sicuramente non è una cosa forzata, come si capisce dal tentativo di confessione da parte del prete. "Se ti ritrovi in una di queste situazioni, beh, sappi che non è una cosa bella, fai come vuoi". Se sei un nipote pessimo o un figlio pessimo, ora lo sai.

Per quanto riguarda il tanto discusso razzismo, beh, se tutti quelli razzisti fossero sotto sotto buoni come Walt non ci sarebbe da preoccuparsi. Anche perchè, ricordiamolo, Walt non è americano puro, è polacco, il suo barbiere è italiano, il quartiere è di etnie asiatiche diverse, di americano c'è solo la Gran Torino. Inoltre, lo dice proprio lui, "Dio Santo, ho più cose in comune con questi musi gialli che con quei depravati della mia famiglia". Secondo me non si può proprio chiamare razzismo. Gli epiteti a sfondo razzista servono solo a tenere un distacco con tutte le persone "esterne" alla sua proprietà, alla sua persona, alla sua vita, come pure il ghigno. Ripeto, se il razzismo fosse questo non ci sarebbe da preoccuparsi. Purtroppo, è tutta un'altra cosa.

Un bel film, tradizionale ma non per questo brutto. Un bel film di guerra, se mi passate la metafora.

giovedì 30 luglio 2009

Signori, vi vorrei presentare il conte Clochard

[scritto dopo aver letto il titolo di questo articolo]

Io mi offenderei se venissi chiamato così. La mia condizione è disastrata, forse per causa mia o per cause esterne, e voi non volete avere la verità sotto gli occhi nei quotidiani. Bello essere benestanti, anche i telegiornali si sono adattati a voi, quando si parla di guerre sanguinose vi fanno vedere solo le esplosioni, riprese da lontano, con il volume dello scoppio abbastanza abbassato, per non disturbare la sacra famiglia che cena. State bene nelle vostre condizioni, vero? Il dolore di un'altra esistenza, peggiore sotto il punto di vista economico, vi fa ribrezzo, allontanate lo sguardo come quando si trova un piccione morto per strada. Per questo è tutto più edulcorato, per avere il vostro consenso, appoggio, ascolto. Si fa di tutto per l'ascolto. Si può anche adottare un termine francese, "clochard", per non dire che in realtà è un "barbone", un "senzatetto", uno che non ha casa, il più delle volte non ha lavoro, mendica per vivere e mangia alla mensa dei poveri. Io mi sentirei offeso a essere chiamato clochard. Che senso ha usare un termine francese? Serve a nascondere la verità, ad allontanare lo sguardo e la presenza dalla realtà della situazione. Perchè in realtà fa schifo il barbone, fa schifo il fatto che non può lavarsi, che ha vestiti sudici addosso. Il clochard invece? Fa schifo lo stesso, però il francese ammorbidisce tutto, ammorbidisce il puzzo che sembra quasi uscire fuori dalle pagine del quotidiano dove è riportata la notizia, ammorbidisce l'animo del lettore, ma realmente non migliora la condizione del disgraziato.

venerdì 24 luglio 2009

Aguzza l'immaginazione

Homo faber fortunae suae
Appio Claudio Cieco



Questo è un comunissimo bagno. Non è il mio, purtroppo non è così bello il mio. E per fortuna il phon non l'ho attaccato al muro, non è un tubo che manda un tantino di aria calda. Questo è il bagno di un albergo, non sono riuscito a trovare una foto di uno privato, ma provate a immaginarvi che sia un bagno di una casa qualsiasi di una famiglia comune e sono le tre del pomeriggio.

Io ormai da un di tempo, da quando faccio parte dei principali social network, tipo Msn e Facebook, mi immagino solo una cosa che può succedere in questo bagno.

Niente sesso, no.

In questa foto rispetto alla foto della mia immaginazione manca qualcuno. Un ragazzo/a qualsiasi, dai 13 ai 20 e rotti anni.



Che si fa una foto puntando il cellulare o la macchina fotografica contro lo specchio.

Magari in costume, per far vedere il fisicaccio, le tartarughe lucide o i bracci nodosi di chi ci tiene al proprio aspetto. Oppure con il top, nel caso delle femmine, per far vedere la propria asciuttezza, l'ombelico perfetto, la terza misura che d'inverno è tenuta nascosta e costretta da maglie e maglioni.
Alle volte sono anche vestiti. Non come di solito ci s'immagina la gente vestita in casa propria, ovvero con abiti comodi, ciabatte e pantaloni della tuta. No. Con l'abito da sera, con il vestito per andare a ballare in discoteca. A volte non è nemmeno sera, e infatti il contrasto giorno-notte è evidente e imbarazzante.

Aldilà del vestiario, che come vi ho detto nella mia immaginazione varia, quello che non varia è l'espressione di questi adolescenti o post adolescenti. Solitamente per le femminuccie c'è la boccuccia "a culo di gallina", come si dice da queste parti. Labbra chiuse protese in avanti forse per dare un bacio a qualcuno ma in realtà atte a nascondere la guance che potrebbero rivelare un "eccesso di carne" che non si può mostrare in foto. Per i maschietti invece l'espressione quasi non esiste. Il più delle volte lo sguardo è quello dei tipi duri, senza ghigno, con mascella protesa in avanti, e lo sguardo normale o accigliato, tipico dei modelli.

Nelle foto più scadenti i pixel nascondono i piccoli difetti di fisico. In quelle ancora più scadenti si vede il cellulare o la macchina fotografica tenuta in mano per fare la foto. Per evitare questo inconveniente, la prospettiva diventa assurda, vengono fuori dei risultati vertiginosi che molto spesso tagliano parte del viso o del corpo. Nelle foto molto più scadenti, non è il soggetto a essere venuto male, è lo sfondo che fa schifo. Ma d'altra parte, che razza di idea è farsi le foto in bagno. Non è una scenografia molto adatta per questi booklet caserecci, anzi.
Il bagno, vi rendete conto?
A meno che tu non viva in un albergo, il tuo bagno non sarà mai come quello della foto.
Ci sarà sempre qualcosa fuori posto, che so, la schiuma da barba sul lavandino, l'asciugamano sporco in terra per quando fai la doccia per non lasciare le impronte in terra, le lamette usate sul mobiletto, magari anche il bicchiere pieno d'acqua con la dentiera della nonna!
Possibile che non abbiate altri specchi in casa, o pseudomodelli di questa bella gioventù?
Possibile che non trovate altri che vi facciano una foto se proprio la volete fare?
Il babbo, la mamma, che avrebbe più piacere che tu non facessi vedere al mondo intero che il bagno qualche volta non è perfettamente pulito, la nonna, che avrebbe molto più piacere che il mondo non sappia che porta la dentiera. (Al babbo non gli frega niente se si vede che lascia le lamette e la schiuma da barba a giro). Possibile che vi dovete fare costantemente foto su foto? Ma perchè? Mah.


Se poi vi prendono per il culo per queste cose, io in primis, non vi stupite. Siete artefici del vostro destino.

lunedì 20 luglio 2009

Se potessi avere mille lire al mese ovvero come non ci si accontenta mai

Non vorrei continuare a scagliarmi contro gli hip-hoppettari però anche loro se le cercano. J-ax e Marracash che cantano "il commercialista è la vera rockstar, ho sbagliato mestiere, altro che fare l'artista". Dio mio che palle. Non ho voglia nemmeno di commentare, e dire che mi piace parecchio e provo sollievo e soddisfazione a fare critiche. Ma cosa vuoi che sei riuscito anche a sfondare cantando, che è la tua passione, hai successo e ci campi? Se riesci a farti la denuncia dei redditi da solo bene, se non ci riesci il commercialista la fa per te e poi molto probabilmente prende una quantità di soldi proporzionale al calibro dei clienti che ha. Che non sarebbe giusto si sa, ma in un mondo d'ingiustizie funziona così. Queste canzoni le puoi fare quando non sei nessuno, a un certo livello è come i Clash che cantano Career Opportunities allo Shea Stadium prima di sciogliersi. Cadi in una certa contraddizione dovuta alla tua fama e al tuo reddito (il paragone è esagerato ma è il primo calzante che m'è venuto in mente). Senza parole.

venerdì 17 luglio 2009

Lettera (52)




L'altro giorno ho realizzato uno dei miei sogni di quand'ero piccolo, ho provato una macchina da scrivere. Originale d'epoca, se si può parlare di epoca riferendosi a quasi trent'anni fa. Una Lettera 52 (1980) della Olivetti, la marca più venduta e famosa in Italia. Se non si ha davanti un oggetto simile non si può parlarne. Bisogna relazionarcisi, è questo il punto. Appena l'ho vista in camera della mia zia, riesumata ma in ottimo stato, l'ho presa e l'ho portata in una scrivania davanti a una finestra, per avere maggiore visibilità. Un minuto e mezzo dopo, il tempo impiegato per capire dove andava infilato il foglio, sono partito. Il rullo era originale però l'inchiostro un pò secco. Le prime lettere battute, a casaccio, tanto per provare, non venivano scritte sul foglio. Ho provato a battere più forte e allora sono venute. Ma anche in passato bisognava avere diti potenti così? Mi sono adeguato alla circostanza, d'altra parte con un oggetto simbolico e mitico così non c'era tanto da sindacare. Non riuscivo a guardare solo i tasti, dovevo ammirarla tutta, nella sua imponenza grigio-bianca. Il foglio intanto scorreva, altri due minuti per capire come andare a capo. L'operazione è manuale, non basta premere invio, che d'altronde non c'è nemmeno. Una levettina vicino al foglio a sinistra dava l'avvio a un nuovo rigo di scrittura. Prima facevo scorrere il foglio ma non funzionava, serve solo a inserire il foglio. Mezza pagina l'ho scritta solo per abituarmi, poi ho cominciato a fare un discorso serio. Ho riportato un pò delle parole che sto scrivendo, le impressioni che mi dava quest'oggetto, nulla di più, anche perchè non avevo nient'altro da scrivere. Immaginavo chi potevo sembrare davanti questa macchina da scrivere in un pomeriggio assolato di Luglio. Un detective privato mentre scrive l'ennesima relazione per l'ennesimo caso risolto, con un sigarino in bocca, camicia e pantaloni color cappuccino tenuti su da bretelle nere sottili ma ben resistenti. Vicino alla porta l'attaccapanni con l'impermeabile d'ordinanza, vecchi armadi con fascicoli ammassati, la porta a vetri con nome, cognome e qualifica scritte con scotch nero. E lo scotch, il liquore, che riempiva per un quarto il bicchiere appoggiato accanto la macchina da scrivere. Oppure, molto ironicamente, la signora Fletcher, in attesa di poter infliggere qualche rito voodoo per formare un'altra puntata della serie. Se non fosse che è un pò troppo nuova per essere la macchina da scrivere che si vede nella sigla iniziale. Oppure un qualsiasi giornalista di più di 30 anni fa. Nel mentre scrivevo, impreciso, sbavando, sbagliando le lettere (dovete sapere che la tastiera è ordinata in modo diverso rispetto a una tastiera del computer, infatti la z è al posto della w, la m è vicino alla l e poi mancano ovviamente alcuni tasti), ciccando le lettere perchè usavo la mano sinistra. Ci vuole molto esercizio, una specie di ginnastica ditale, se così si può chiamare, prima di poter scrivere qualcosa di leggibile. Poi il rumore, favoloso. Per scrivere lettere impresse nel foglio bisogna picchiare sodo, e questo picchiare dava un rumore strano, molto meno delicato di quello che sto sentendo in questo momento mentre scrivo. Un rumore secco, tribale, un concerto di percussioni, monotòno e scoordinato, ma bellissimo. Cerco di scrivere non velocemente, ma con un ritmo, per andare più scorrevolmente e sforzarmi sempre meno. Un concerto di percussioni davanti l'anfiteatro delle aste con le lettere. E' un opera, vera e propria. L'entrata sono i gradoni dei tasti, molto irti, per questo è difficile scrivere con tutta la mano, uno massimo due diti per mano. Rileggo le lettere impresse. Sono il significato della letteratura, qualcosa di impresso, non correggibile se non con qualche rimedio visibilmente brutto. Il foglio rimarrà così, eternamente, e niente lo cambierà, se non lo scorrere del tempo e con esso il deteriorarsi della carta. Ma quello che è stato deciso dallo scrittore non si tocca, nossignore. Bisogna essere responsabili verso l'umanità intera di ciò che si scrive, una ripresa in chiave tipografica della filosofia sartriana. C'è da esserne orgogliosi. Orgoglio di scrivere qualcosa d'importante e orgoglio di fare anche un pò fatica per farlo, perchè tutto il corpo è concentrato e in azione per dare il meglio di sè in poche righe. Impiego piccoli gesti, ma importanti, in quest'era digitale statica fisicamente e dinamica mentalmente. Arrivo in fondo al foglio, ma non voglio continuare, mi è bastato. Forse un giorno ne comprerò una per me, e forse anche questo blog lo pubblicherò su carta stampata a macchina, ovviamente scannerizzata al computer. Per non perdere il vecchio ma nemmeno rifiutare il nuovo.

domenica 12 luglio 2009

Anche gli stupratori hanno una vita politica..

.. oltre alla vita segreta che gestiscono ovviamente all'oscuro di tutto e tutti. D'altra parte, come non sapevano niente i familiari e gli amici, figuriamoci Franceschini o Veltroni!
La questione morale in cosa consisterebbe? Nel fatto che forse ha agito perché traumatizzato dalla prossima scelta obbligatoria tra Franceschini, Bersani o Marino? O forse perché dopo anni di sconfitte, tensioni, scatafasci vari, dal Pds al Pd, ha dovuto scaricare tutta la sua rabbia con un'azione così violenta e orribile? E' giusto pensare che sia stato il partito la causa di tutto?

No, il problema è un altro. Sta nel fatto che "con il suo precedente penale nel '96, il partito non poteva permettersi di affidare la direzione di un circolo a un uomo così. "

Ma rilassiamoci dai, altri partiti hanno indagati e condannati affiliati al partito, con tanto di tessera e anche di posti di rilievo, nelle regioni e anche al Parlamento.
Non ci scanniamo su queste cose, suvvia!
Ci sono cose peggiori in Italia (?).

sabato 11 luglio 2009

L'Aquila che soffre

Ho seguito poco il G8. Annoiante e noioso, soprattutto se si è obbligati a seguirlo in televisione (nell'ultima settimana l'hard disk principale si è ritirato a vita privata per cui non ho potuto informarmi per via telematica). Sto seguendo ora un po' la fine, cerco di capire di cosa hanno parlato, quali saranno le conseguenze.

L'aria de L'Aquila deve aver fatto bene al nostro presidente del Consiglio, addirittura sfoggia citazioni che non ci si aspettava: «Come diceva Erasmo da Rotterdam le decisioni più rappresentative sono spesso frutto di una lungimirante follia». Ha aiutato le relazioni interpersonali con i vari capi di stato, soprattutto con quelli abbronzati: «Ieri a cena siamo stati seduti vicini, ci siamo parlati in modo simpatico. Lui mi ha parlato della sua vita privata, io gli ho parlato della mia vita privata. Abbiamo aperto un discorso che potrà sfociare in una stima, simpatia, amicizia, che io credo faciliti i rapporti fra tutti i leader». Ma ora è tempo di vacanze, e mi dispiace quasi per gli aquilani interi, che si dovranno sorbire anche durante le ferie la presenza del "padrone" per sorvegliare i cantieri in corso: «Sto cercando una casa per venire qui ad agosto: ci tengo troppo a questo risultato di consegnare le prime case entro settembre e credo sia opportuna una mia presenza: l'occhio del padrone, si dice, sappiamo cosa produce...». Mi dispiace tantissimo per loro, non bastava il terremoto, la distruzione completa delle abitazioni, l'inagibilità delle altre, i riflettori puntati per più di due mesi, le presenze di moltissimi personaggi importanti che alla lunga stancano, il G8 che ha sottratto possibili abitazioni per ospitare i grandi del mondo, l'impossibilità di manifestare per l'occupazione delle case sfitte, la stanchezza generale, le promesse troppo belle, che quasi sdubbiano, no. Anche Silvio in vacanza ci doveva essere. Le disgrazie non vengono mai da sole.

mercoledì 8 luglio 2009

Scusate l'Assenza

Questo blog riprenderà la sua attività quotidiana al più presto possibile, fatemi riprendere fiato e coscienza della mia presenza nel mondo reale (e non solo in quello fittizio dei libri di scuola).

mercoledì 24 giugno 2009

In Inghilterra, In Inghilterra, In Inghilterra

Ieri notte su Mtv mi è capitato di vedere l'ultimo, penso, video di Fabri Fibra. Il titolo è "Speak English". Cosa ti aspetteresti mai? Una storia di periferia, di razzismo, degrado, cose così.
Non proprio.

Il ritornello parte subito con una decina di martellanti "voglio andare in inghilterra, in inghilterra, in inghilterra, in inghilterra". Vacci, che ti devo dire, non ti obbliga nessuno a stare qui, i tuoi fans forse. Ah, ho capito, vuole sottolineare la nuova moda di quest'anno, il viaggio estivo a Londra, ti trovi un lavoro e ti paghi le spese. Se è così ha colpito nel segno, una decina di miei amici sono laggiù ora, ma non tutti hanno trovato lavoro. Capita.

Tornando alla canzone, la prima strofa è un modo come un altro per evitare il difficile compito di scrivere rime:

a Brighton per chiedere a qualcuno: come stai? si domanda e si risponde: alright, mate
se invece una persona ti guarda male e ti vorrebbe picchiare dice:alright , mate
in inghilterra se vuoi avere un conto in banca basta dire: alright mate
e quando invece non hai voglia di parlare basta solo che tu dica: alright mate

E grande Fibra, già quattro versi te li sei sbolognati senza dire un cazzo nulla. Proseguiamo.
Per attirarsi l'attenzione dei trasgressivi comincia a elencare i veri pregi del Regno Unito, ovvero fumo buono e ragazze che la danno via. Un altro punto a tuo favore mate!

Di nuovo ritornello e qui incomincia la parte migliore della canzone:

In inghilterra sei al verde: avrai un sussidio
in italia sei al verde: io non ti invidio!
in italia sei gay e ti sfotte la gente
in inghilterra sei gay: ti fanno dirigente!

Sulla prima parte ha ragione, questo è il primo attacco valido alla nostra nazione, sulla seconda parte anche no. Si, c'è il razzismo riguardo gli omosessuali, il matrimonio non è consentito, Povia e tutto il resto, ma non è che se sei gay in Inghilterra ti fanno dirigente solo per il fatto che sei gay.
Si, lo so che è scritto apposta per semplificare tutto, ma così è troppo.

Il bello arriva ora:

in italia le ragazze hanno la pelle liscia
in inghilterra le tipe bevono vodka liscia,
poi ti scopano in bagno, mentre fai la piscia
con l'amica ubriaca, stesa a terra che striscia

Ora, vorrei dire una cosa. Le esigenze della metrica per un rapper sono tutto. Ma la piscia, la piscia signori è proprio ... non so come esprimermi. Io penso che il termine "piscia" sia usato in una certa fascia d'età, tipo tra i 6 e 7 anni, quando ancora sei troppo innocente per dire "vado a pisciare" e troppo preadolescenziale per usare ancora "vado a fare la pipì". Non finisce qui comunque.

in inghilterra la disco martella
il rap martella
l'hip-hop martella
la figa saltella
la brutta e la bella, la zia e la sorella, la grassa e la snella
who is number one?
a bullet for my gun
tipo duran duran
siamo hip-hop hooligans raga!

Si ok, non hai detto nulla.

enjoy the silence: sì, è quello che vorrei fare adesso
ma qui in italia tutti parlano di sesso
però nessuno riesce a farlo spesso
in inghilterra invece è tutto diverso: non ti stressi, non ti confessi
e le ragazze non si fanno i complessi
mentre da noi se li fanno pure i cessi
e se invece guardi le cose ottenute,in inghilterra per la strada non ci sono prostitute
in inghilterra se vuoi farlo ci stanno le case chiuse
mentre qui le prostitute stanno rinchiuse

Finalmente una cosa vera, diamine, tre minuti e mezzo di inutilità per una cosa vera, finalmente dai. L'argomento è sempre quello della prima strofa, non possiamo chiedere altro, però l'analisi sociologica è venuta bene dai.

in inghilterra è più importante il lavoro della famiglia
in inghilterra non è oro tutto quello che brilla
in inghilterra se fai musica hai un futuro
in inghilterra un premio di mtv io l'avrei vinto di sicuro

La chiusura parte bene e finisce male. Velati confronti con la patria come prima. Un futuro nel mondo della musica lo vedo un pò difficile anche in Inghilterra, ma in confronto alla situazione italiana è come una vita di rendita contro 500 euro al mese. Tutta un'altra cosa.

Soprassediamo riguardo al premio, mi interessa poco.

Consiglio: torna a surriento Fibra, che sembri il classico turista italiano quando parli dell'Inghilterra, donne, soldi e pochi valori. Torna con la Nannini a parlarci dei problemi dell'Italia, o chiedici applausi, insomma, fai quello che ti riusciva meglio, e se ti va di andare in Inghilterra vacci, punto e basta.

sabato 20 giugno 2009

Referendum for Dummies

Mettiamo il caso che vi piaccia, non so, la frittata di zucchine. E sabato e domenica andate a mangiare dalla nonna o dalla zia o da qualche altro parente.
Sono anni che dite che vi piace la frittata di zucchine e vorreste mangiarla una volta tanto. La nonna/zia/altro hanno esperienza in queste cose, sicuramente verrebbe un ottimo pranzo.
Invece tutte le volte si ripropone sempre il solito menù orribile. Tutte le volte vorreste eludere il pranzo con delle scuse ma come al solito vi sforzate e ci andate, nella speranza che ci sia qualcosa di nuovo, un guizzo di originalità, o che forse dopo tutte le richieste andate invano si rompano le palle e esaudiscano almeno una volta i vostri piccoli ma importanti desideri.

All'una tutti si mettono a tavola, dopo gli antipasti arriva il tanto aspettato momento del primo e del secondo. Dagli sguardi amorevoli dei parenti vi aspettate sicuramente che la richiesta di anni e anni venga esaurita.
E invece no. La nonna, in un impeto di pazzia, ha voluto preparare quattro cose, due per il primo e due per il secondo, e in pratica ti chiede di scegliere tra il solito menù o un menù ancora più schifoso.
Ha preparato, oltre alle solite cose, (si inseriscano due pietanze che non vi aggradano, che so, io inserirei zuppa di cavolo e fagiolini in umido).

Gli sguardi sono sempre amorevoli, e non capite se è una presa per il culo o se loro credono veramente che questo sia il migliore dei pranzi possibili.
L'unica cosa è che come dessert vi ha portato un dolce un pò strano, e alla domanda "ti piace?" non sapete come rispondere, ha un gusto un pò strano, sa di nouvelle cousine e di cucina casereccia, di vecchio e nuovo, è difficile decidere. E nel dubbio stai in silenzio.


(In sintesi, le prime due domande del referendum ti fanno scegliere tra la solita merda e uno schifo ancora più grosso, la terza invece è una domanda strana, non si capiscono gli effetti che potrebbe scaturire dal si o dal no, sembra quasi irrilevante. L'amore per la democrazia italiana, dopo aver tanto sperato nel cambiamento, rimane invariato, ovvero quasi nullo).

lunedì 15 giugno 2009

Un Celato Augurio Musicato

Rimescolìo delle varie versioni dell'inno nazionale preso da qui


Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
la faccia di Silvio
gli schermi già infesta.

Dov'è la Vittoria?
Ci porga la chioma,
che senza bandana
mostrare mi vo'.

Stringiamci a coorte,
sfidiamo la sorte,
sfidiamo la sorte,
che a tutti toccò:

stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte,
siam pronti alla morte,
la loro: noi no.

sabato 13 giugno 2009

Lo Zanichelli minore

Un vincente trova sempre una strada, un perdente trova sempre una scusa. Anonimo


Oggi volevo fermarmi a riflettere sulla parola "perdente". E' una parola brutta da affibbiare alle persone. Beck ci ha costruito una canzone sopra, "I'm a loser baby, so why don't you kill me?". Ma in inglese viene meglio tutto, la parola "loser" c'ha il suo fascino, sa di eroi sconfitti per un soffio dal cattivone di turno. Mentre perdente sa di perdente. Punto.

Ed è per questo che voglio inserire nuove voci al vocabolo "perdente", se mi è consentito.
E visto che mi è consentito


Perdente è chi osa troppo, tanto non riuscirà mai a ottenere l'impossibile.
Perdente è chi osa troppo poco, non raggiungerà niente così, alla fine non è questo quello che vuole.
Perdente è chi non vince, chi non sa vincere, o anche chi non vuole vincere, perchè si sa, è più facile essere compatiti che compatire.
Perdente è chi non pensa alle conseguenze di una precoce vittoria, che non sempre sono positive.
Perdente è chi pensa troppo, e non si decide mai.
Perdente è chi non sa rinunciare ai suoi vizi.
Perdente è chi se ne cerca di nuovi per non pensare ai vecchi vizi.
Perdente è chi è in anticipo sui tempi, e quando cambia abitudini, modi di essere o anche tagli di capelli viene compatito perchè ora va di moda proprio quello che eri o facevi due o tre anni fa.
Perdente è chi mette in imbarazzo il resto della società, quelli a cui gli butta il sangue dal naso nel bel mezzo di una partita a pallone, quelli che fanno rallentare il gruppo perchè fanno fatica a camminare, quelli che rimangono indietro e devono recuperare ancora troppa strada.
Perdente è chi non guarda nè al passato nè al futuro, pensa che godersela oggi può dare vantaggi e che a forza di rimandare alla fine gli impegni spariranno da soli.
Perdente è chi non ha nulla da dire, niente da scrivere, tutto da nascondere. A vantaggio di chi poi?
Perdente è chi non sa ammettere i propri limiti, o chi se ne inventa di nuovi, per sottovalutarsi.
Perdente è chi non li supera.
Perdente è chi non vuole aspirazioni.
Perdente è chi si ferma e basta. Vincente è chi si ferma per andare avanti più veloce di prima

martedì 9 giugno 2009

Vincitori, Vinti e Vitti (e forse pure alloggi)


Ognuno vuole avere la sua seggiola e contare qualcosa
Mio padre

[Mi sono informato bene prima di scrivere questo post. Ho assimilato le varie opinioni a destra, a sinistra e all'estremo centro, trascurando un po' gli estremi sinistri e destri.
]
Dice "Berlusconi comunque ha perso". Anche no, lui ha vinto, come sempre, avrà perso punticini ma ha vinto. Alle europee meno, alle provinciali e comunali ha vinto di misura, e è ancora in ballottaggio. Dice "Per Franceschini poteva andare peggio". Certo, ma poteva andare meglio. A seconda di come lo guardiamo il bicchiere, rincuorandoci per il 26,13 % d'acqua che lo riempie o per il 5% mancante risalente alle elezioni europee precedenti (non capisco perchp tutti i giornali facciano confronti con le elezioni del 2008, un conto è parlare delle europee, un conto delle politiche, molti avrebbero votato diversamente se fossero state politiche). Chi altri vince? Chi promette qualcosa di concreto per il proprio popolo, la Lega Padana, o chi punta a qualcosa di più astratto ovvero agli ideali di giustizia nel proprio paese, l'Italia dei Valori.
Insomma, chi pretende per dare qualcosa. Il voto a Pd e Pdl è più una cosa di fiducia, cosa promettono? cosa offrono? riformismo, si ma quello lo fanno tutti, dipende su cosa. Sull'onda di Obama, il cambiamento è d'obbligo, da una parte il cambiamento gattopardiano, tutto cambia affinchè tutto resti com'è, dall'altra parte un cambiamento moderato, molto moderato, per accontentare tutti e al massimo scontentare gli estremisti sinistri, che tanto loro non son mai contenti e mettono pure il broncio (e a volte buttan giù pure governi, quando riescono a entrare in parlamento).
Ma poi cosa l'avranno votato a fare il Pdl in Europa, che lo sappiamo tutti che il partito mira ai patti diretti verso le due superpotenze (per fare cosa? festini a villa certosa? perdonate la rima baciata) e caga zero il parlamento europeo, sottovalutandolo enormemente. La Lega poi figuriamoci, vorrebbe fare Padania contro Resto del Mondo, nemmeno fosse il Milan di Gullit. Ah, dove andremo a finire, caro mio 60 e spicci percento che avete scelto di adempiere al diritto-dovere, in un'Europa che tende ad essere più Impero che Nazione. Lo scopriremo solo vivendo. E comunque, sarà colpa vostra, io volente o nolente non ci rientro.

domenica 7 giugno 2009

Sunto di una giornata produttiva.

E anche per oggi non abbiamo fatto nulla di così rilevante. A parte incoraggiare una persona con la carica di un integratore potenziato alla cocaina. Se si vedrà il risultato tra qualche anno lo potrò mettere nel curriculum vitae.
Stacco va.
Che per i dettagli c'è sempre tempo.

sabato 6 giugno 2009

Somniphero (titolo alla Evanescence)


Senza le mie sedici ore di sonno sono un grande invalido. Woody Allen

Oggi avevo sonno. Tanto sonno. Sei ore di sonno non sono tantissime, me ne mancavano due sole per raggiungere lo stato ottimale. Ma due ore si ripercuotono in maniera non indifferente sulla vita quotidiana.


Esempio? Due ore meno di sonno equivalgono a cinquant'anni in più addosso. Solo mentalmente eh. Nessuno mi ha visto con rughe, capelli bianchi e dentiera, o perlomeno se ero così nessuno mi ha detto nulla. Una lentezza astronomica, anni luce per due esercizi di matematica, che però tornavano.

Miraggi con la testa appoggiata sul mio banco,
il sogno di un unico grande letto per tutte le genti del mondo.

Con lo spazio necessario per sdraiarsi ed eventualmente dormire alla "cristo in croce" o alla "uomo di leonardo". Cuscini per tutti, senza fare a cuscinate però, ora voglio dormire. Un sogno troppo pacifista, ma a 68 anni virtuali me lo posso permettere, posso dire anche di aver visto Woodstock e la Summer of Love, e posso anche dire che quelli si che erano ideali, non si andava a giro col coltello ma a ogni angolo si faceva l'amore, e altre cazzate vere o verosimili.

Tipo questa.

lunedì 25 maggio 2009

Ma come? te non lo sai cos'è successo?

Dire la verità è sempre la politica migliore, a meno che ovviamente tu non sia un ottimo bugiardo.
Jerome K. Jerome

Alla redazione di Repubblica si sono svegliati parecchio. Chissà se gli è convenuto poi. Andare a cercare l'ex fidanzato della famigerata Noemi per sentire qual'è veramente il rapporto che ha avuto il sig. B. con la ragazza e la famiglia. Devo dire che l'astuzia c'è stata, perchè proprio Repubblica si è difesa dicendo che la vicenda è diventata da privata a pubblica con le dichiarazioni della divorzianda Veronica Lario; dal gossip di Chi e Oggi al giornalismo d'inchiesta di Report. Applausi al giornale, ma bisognava arrivare a questi livelli per raggiungere un'appropriata "denuncia al premier"? Evidentemente si, ma non facciamone una critica.
Fatto sta che la battaglia continua ancora, con le dieci domande a cui in parte è stata data una risposta sicuramente non dal diretto interessato.


Quello che dovrebbe coinvolgere il lettore qualsiasi di quotidiani è proprio la natura gossippara della notizia. D'altra parte, nel bene o nel male si fatica sempre a farsi i cazzi propri (ma quando ti propongono su un piatto d'argento fatti come questi!), poi ce n'è per tutti.
C'è la storia d'amore tra adolescenti per i giovani lettori di Moccia, un pò di suspense da libro giallo estivo quando arrivano le telefonate alla ragazza, un'altra storia di pseudoamore alla Lolita, i sogni di gloria che arrivano a scavalcare il futuro da ragazza tutta casa e chiesa (come dire Lucia dei Promessi Sposi che molla Renzo prima ancora della peste per andare a fare la Velina, anzi, la Meteorina), la metamorfosi poco kafkiana della ragazza e infine la delusione e l'amarezza del giovane per il cambiamento totale della fidanzata, dedicato agli amanti del melodramma napoletano memore del grande Mario Merola. Senza dimenticarsi del lato politico della vicenda e del fatto che un personaggio come il sig. B. non va trascurato, anzi, nell'alone di mistero che si procura con le sue telefonate da padre divorziato verso la figlia che non può vedere troviamo l'antagonista perfetto, non troppo odioso nè troppo scemo.


L'unico rimpianto: che la storia non sia uscita in piena estate. Avrebbe trovato molto più interesse. Invece ora la gente deve lavorare, non può pensare ai fatti del primo sig. B. che legge sul giornale. Nemmeno se ricopre la carica di Presidente del Consiglio. Nossignore. E allora lasciamo che la storia ci scivoli addosso come i panni pesanti di stress che ci leviamo prima di andare a dormire.

venerdì 22 maggio 2009

Si Comincia

All in all it was just a brick in the wall
Roger Waters, Another Brick In The Wall Pt. III
Se son d'umore nero allora scrivo/frugando in mezzo alle nostre miserie
Francesco Guccini, L'Avvelenata

Allora, questo blog è il naturale proseguimento delle trasmissioni del suo predecessore, ovvero Another Brick In The Wall Pt. II (questo il link per chi si volesse addentrare nei pensieri più che privati di un acerbo blogger ma maturo diciassettenne-diciottenne).
Ho detto basta non al colesterolo ma a Live Spaces, ormai diventato un prototipo di come non dovrebbero essere i blog, ovvero non visitati da nessuno. Ho detto si a un nuovo blog perchè Facebook è muto, e su questo argomento ne riparleremo nel prossimo post, Netlog non ce l'ho, e un motivo ci sarà, Twitter è un pò troppo riduttivo, e altri sistemi non ne conosco.
E' giusto un nuovo blog perchè la parte II ormai è finita, non so da quanto, ma sento che è finita. Inoltre, è giusto levarsi dalle palle il grosso residuo adolescenziale che è il titolo del precedente blog, senza rinnegarlo del tutto, d'altronde è il mio passato, comunque esso sia.
Una terza parte, senza dire che sia l'ultima. Una terza parte di chi vi scrive, o forse un'infinitesima. La terza parte al di fuori di chi scrive e chi legge, ovvero tutto il resto, mondo esterno, cronache, politiche, studi, letture, ascolti e visioni, sogni e progetti, veri e presunti, tutto e niente. La terza parte come sintesi tra tesi (realtà) e antitesi (ideale), che il più delle volte è peggio della tesi (punto di vista personale)

Ok, dopo questa introduzione facile facile è tempo di scrivere. Possibilmente con meno anafore.