Io aspetto sempre un po’ di tempo prima di rispondere agli sms. Ti danno l’opportunità di avere un minimo di tempo per pensare rispetto al dialogo. E io la sfrutto, a pieno, anche troppo. Sono fatto così, a volte rispondo anche 6 o 7 ore dopo. E non crediate che me ne scordi, anzi. Sotto sotto rimugino su cosa posso rispondere, in che forma, con quali parole, anche perché devo rispondere, se devo. E’ una crescita lenta, ponderata, misurata, contro l’impellenza di parole che non ho. Contro la grammatica che se ne va per i fatti suoi, contro la sintassi che mi mangio a tutte le ore, contro la fretta cattiva consigliera, contro la mente che va troppo veloce anche per un cellulare. E’ una cosa buona? Forse. Di sicuro è naturale. E’ come la frutta, se è biologica è più buona ma alle volte ci trovi il baco. Il mio baco è la carenza di argomenti. Chiedo venia. Il troppo pensare fa male. E non sono un grande oratore in versione “abbiamo in collegamento con noi …”. Chi mi conosce lo sa, si è abituato. Chi no lo farà. Le cose stanno così.
lunedì 31 agosto 2009
lunedì 17 agosto 2009
I'm gonna fight'em off
Bossi ha lanciato l'idea. Io la modifico. Il "Va Pensiero" non lo conosce nessuno, si fermano tutti a "sull'ali doraaaaate".
Ci vuole qualcosa di semplice, intuitivo, conosciuto e senza troppi significati risorgimentali. Ormai i ggiovani ne hanno piene le scatole delle Guerre d'Indipendenza, perchè ne abbiamo combattute centinaia e non ne abbiamo mai vinta una, dei morti in battaglia (se perlomeno ne avessimo vinta una che fosse una allora ricorderemo quella), della lotta per l'unità nazionale (quando ormai c'è chi rimpiange i Borbone, i Savoia versione regionale e gli Asburgo).
Ci vuole qualcosa che unisca davvero, che ha già unito tutti in passato, ma non in un passato troppo remoto, recente, attuale, del XXI° secolo.
Ci vuole... Ecco cosa ci vuole: QUESTO. E stavolta non facciamo la cavolata di usarla interamente come inno. Basta il ritornello, facciamo 7 o 8 giri di ritornello e poi basta, ok?
Ci vuole qualcosa di semplice, intuitivo, conosciuto e senza troppi significati risorgimentali. Ormai i ggiovani ne hanno piene le scatole delle Guerre d'Indipendenza, perchè ne abbiamo combattute centinaia e non ne abbiamo mai vinta una, dei morti in battaglia (se perlomeno ne avessimo vinta una che fosse una allora ricorderemo quella), della lotta per l'unità nazionale (quando ormai c'è chi rimpiange i Borbone, i Savoia versione regionale e gli Asburgo).
Ci vuole qualcosa che unisca davvero, che ha già unito tutti in passato, ma non in un passato troppo remoto, recente, attuale, del XXI° secolo.
Ci vuole... Ecco cosa ci vuole: QUESTO. E stavolta non facciamo la cavolata di usarla interamente come inno. Basta il ritornello, facciamo 7 o 8 giri di ritornello e poi basta, ok?
martedì 4 agosto 2009
Ieri ho visto "Gran Torino" al cinema all'aperto sotto casa mia (parentesi: del cinema normale si paga le comodità, del cinema all'aperto si paga l'atmosfera, e il rischio che piova da un momento all'altro). Gran bel film. Attuale anche in Italia, sebbene a primo acchito possa dar vita nella mente a un'americanata (la presenza di Clint Eastwood, il nome di un film come una coupè Ford). Nella famiglia di Walt ho rivisto molte storie, anche vicine a me, molti piccoli particolari che sono stati messi tutti insieme per far sì che il numero maggiore di famiglie vedesse sè stessa nel film. Il nipote che aspetta altro che la dipartita del vecchio per accaparrarsi i beni preziosi di una vita come il divano in pelle o addirittura (sacrilegio) la Gran Torino. E' nonno, parlaci te, no non ho voglia, tieni mamma, no, parlaci te che sei suo figlio. Tanta fatica per nulla, scambiarsi ciao-comestai-lavorotuttobene-cisentiamo-ciao. I regali su misura di anziano, tipo SalvaVita Beghelli. Accorgersi di avere un estraneo come padre/nonno. Cose così. La ricerca di un mea culpa da parte del pubblico, questo è uno degli scopi del film, a mio parere. Che magari può non esserci, non è detto. Sicuramente non è una cosa forzata, come si capisce dal tentativo di confessione da parte del prete. "Se ti ritrovi in una di queste situazioni, beh, sappi che non è una cosa bella, fai come vuoi". Se sei un nipote pessimo o un figlio pessimo, ora lo sai.
Per quanto riguarda il tanto discusso razzismo, beh, se tutti quelli razzisti fossero sotto sotto buoni come Walt non ci sarebbe da preoccuparsi. Anche perchè, ricordiamolo, Walt non è americano puro, è polacco, il suo barbiere è italiano, il quartiere è di etnie asiatiche diverse, di americano c'è solo la Gran Torino. Inoltre, lo dice proprio lui, "Dio Santo, ho più cose in comune con questi musi gialli che con quei depravati della mia famiglia". Secondo me non si può proprio chiamare razzismo. Gli epiteti a sfondo razzista servono solo a tenere un distacco con tutte le persone "esterne" alla sua proprietà, alla sua persona, alla sua vita, come pure il ghigno. Ripeto, se il razzismo fosse questo non ci sarebbe da preoccuparsi. Purtroppo, è tutta un'altra cosa.
Un bel film, tradizionale ma non per questo brutto. Un bel film di guerra, se mi passate la metafora.
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