sabato 12 settembre 2009

Videocracy



Il titolo voleva essere "Videocracy è un bel film, magari m'aspettavo di meglio però alla fine ci sono altre cose interessanti che hanno compensato il fatto che non ci sono le cose interessanti che mi aspettavo. Se avessi scritto così però il post non lo leggeva nessuno.

Cominciando: l'inizio è molto buono, si vede il primo programma a luci rosse della tv privata, di cui però non sappiamo il nome, e da lì un'escalation esorbitante, da Colpo Grosso fino alle soubrette dei quiz pomeridiani per spiegare come la tv ci ha inculato. Poi spiegazione non prolissa del fatto che il Presidente ha in mano il paese perchè ha in mano le tv, potere mediatico, ecc ecc. Il documentario non è alla Michael Moore, dove vediamo il suddetto regista andare a giro a intervistare personaggi, ricostruire faccende sporche e tirare le fila del discorso. Il regista c'è, ma non si vede. Parla. Con una voce che ricorda Jocelyn per le origini svedesi. Convince poco. Non cattura l'attenzione necessaria. Ci si distrae con le immagini proiettate. Si perde il filo del discorso facilmente.

Alla fine poi si riesce a capire le connessioni, certo. E' un film "facile", nel senso che non ha trame e controtrame, flashbacks o misteri. La storia è questa, eppure rimane difficile seguirla dopo un pò. Sarà per la mancanza di sottotitoli (sembra una cosa stupida ma, almeno io, riesco a concentrarmi di più su un dialogo scritto rispetto a uno pronunciato a voce). La mente vaga e non ha metà nè percorso. Peccato.

Il Presidente è sempre protagonista, invisibile, non intervistato ma preso in vari momenti, varie situazioni. A comizi, cerimonie, parate, per far vedere che questo è il suo mondo. Un mondo fatto di paillettes, lustrini, belle donne e sorrisi smaglianti, come il suo.

Più interessanti sono i comprimari, chi campa del mezzo con cui il Presidente governa, e non sto parlando dei parlamentari. Lele Mora e Fabrizio Corona. Due personaggi, che anche a inventarli non sarebbero come sono veramente. Hanno una personalità unica, dei ruoli eccezionali che li rendono eccezionali. Chi campa sullo show business e chi lo fa dopo averci campato in maniera non propriamente legittima. Due prodotti dell'essere come apparire. Chi ti manda in tv perchè hai "un'esperienza di vita che trasmette qualcosa" (cosa avrà voluto dire?) e chi ti manda a cagare in tv, solo perchè recita una parte, non il Robin Hood dei poveri ma una faccia di culo.

Alla fine della storia del Presidente si parla in modo certo ma senza citare fatti o dati. Chi si aspettava un libro di Travaglio formato film è rimasto deluso. Di giornalistico c'è poco. I fatti parlano da sè, soprattutto quando la voce fuori campo spiega ma non viene ascoltata. Si rimane di stucco solo a certi particolari esageratamente scandalosi, come la suoneria di Mora o la faccenda Corona a Garlasco. Per il resto siamo già troppo assuefatti per essere scossi dai fatti di tutti i giorni. Non ci sono colpi di scena architettati, perchè dovrebbe, in teoria, essere tutta una sorta di colpo di scena. E' come quando una fiaba narrata da secoli a voce viene finalmente scritta su carta. E' un atto necessario ma comunque aggiunge poco o nulla alla versione che tutti (gli interessati e informati) sanno. D'altra parte non parla nemmeno di catastrofi imminenti o di azioni da poter fare nell'immediato per contrastare il potere videocratico (sto prendendo in esempio come secondo termine di paragone Zeitgeist). I fatti ci sono, il modo di raccontarli "sdubbia". Si poteva fare di meglio, con un cambiamento di struttura del film.

7 per l'argomento, 5 per come è stato raccontato. Aspettavo di meglio

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