giovedì 30 luglio 2009

Signori, vi vorrei presentare il conte Clochard

[scritto dopo aver letto il titolo di questo articolo]

Io mi offenderei se venissi chiamato così. La mia condizione è disastrata, forse per causa mia o per cause esterne, e voi non volete avere la verità sotto gli occhi nei quotidiani. Bello essere benestanti, anche i telegiornali si sono adattati a voi, quando si parla di guerre sanguinose vi fanno vedere solo le esplosioni, riprese da lontano, con il volume dello scoppio abbastanza abbassato, per non disturbare la sacra famiglia che cena. State bene nelle vostre condizioni, vero? Il dolore di un'altra esistenza, peggiore sotto il punto di vista economico, vi fa ribrezzo, allontanate lo sguardo come quando si trova un piccione morto per strada. Per questo è tutto più edulcorato, per avere il vostro consenso, appoggio, ascolto. Si fa di tutto per l'ascolto. Si può anche adottare un termine francese, "clochard", per non dire che in realtà è un "barbone", un "senzatetto", uno che non ha casa, il più delle volte non ha lavoro, mendica per vivere e mangia alla mensa dei poveri. Io mi sentirei offeso a essere chiamato clochard. Che senso ha usare un termine francese? Serve a nascondere la verità, ad allontanare lo sguardo e la presenza dalla realtà della situazione. Perchè in realtà fa schifo il barbone, fa schifo il fatto che non può lavarsi, che ha vestiti sudici addosso. Il clochard invece? Fa schifo lo stesso, però il francese ammorbidisce tutto, ammorbidisce il puzzo che sembra quasi uscire fuori dalle pagine del quotidiano dove è riportata la notizia, ammorbidisce l'animo del lettore, ma realmente non migliora la condizione del disgraziato.

venerdì 24 luglio 2009

Aguzza l'immaginazione

Homo faber fortunae suae
Appio Claudio Cieco



Questo è un comunissimo bagno. Non è il mio, purtroppo non è così bello il mio. E per fortuna il phon non l'ho attaccato al muro, non è un tubo che manda un tantino di aria calda. Questo è il bagno di un albergo, non sono riuscito a trovare una foto di uno privato, ma provate a immaginarvi che sia un bagno di una casa qualsiasi di una famiglia comune e sono le tre del pomeriggio.

Io ormai da un di tempo, da quando faccio parte dei principali social network, tipo Msn e Facebook, mi immagino solo una cosa che può succedere in questo bagno.

Niente sesso, no.

In questa foto rispetto alla foto della mia immaginazione manca qualcuno. Un ragazzo/a qualsiasi, dai 13 ai 20 e rotti anni.



Che si fa una foto puntando il cellulare o la macchina fotografica contro lo specchio.

Magari in costume, per far vedere il fisicaccio, le tartarughe lucide o i bracci nodosi di chi ci tiene al proprio aspetto. Oppure con il top, nel caso delle femmine, per far vedere la propria asciuttezza, l'ombelico perfetto, la terza misura che d'inverno è tenuta nascosta e costretta da maglie e maglioni.
Alle volte sono anche vestiti. Non come di solito ci s'immagina la gente vestita in casa propria, ovvero con abiti comodi, ciabatte e pantaloni della tuta. No. Con l'abito da sera, con il vestito per andare a ballare in discoteca. A volte non è nemmeno sera, e infatti il contrasto giorno-notte è evidente e imbarazzante.

Aldilà del vestiario, che come vi ho detto nella mia immaginazione varia, quello che non varia è l'espressione di questi adolescenti o post adolescenti. Solitamente per le femminuccie c'è la boccuccia "a culo di gallina", come si dice da queste parti. Labbra chiuse protese in avanti forse per dare un bacio a qualcuno ma in realtà atte a nascondere la guance che potrebbero rivelare un "eccesso di carne" che non si può mostrare in foto. Per i maschietti invece l'espressione quasi non esiste. Il più delle volte lo sguardo è quello dei tipi duri, senza ghigno, con mascella protesa in avanti, e lo sguardo normale o accigliato, tipico dei modelli.

Nelle foto più scadenti i pixel nascondono i piccoli difetti di fisico. In quelle ancora più scadenti si vede il cellulare o la macchina fotografica tenuta in mano per fare la foto. Per evitare questo inconveniente, la prospettiva diventa assurda, vengono fuori dei risultati vertiginosi che molto spesso tagliano parte del viso o del corpo. Nelle foto molto più scadenti, non è il soggetto a essere venuto male, è lo sfondo che fa schifo. Ma d'altra parte, che razza di idea è farsi le foto in bagno. Non è una scenografia molto adatta per questi booklet caserecci, anzi.
Il bagno, vi rendete conto?
A meno che tu non viva in un albergo, il tuo bagno non sarà mai come quello della foto.
Ci sarà sempre qualcosa fuori posto, che so, la schiuma da barba sul lavandino, l'asciugamano sporco in terra per quando fai la doccia per non lasciare le impronte in terra, le lamette usate sul mobiletto, magari anche il bicchiere pieno d'acqua con la dentiera della nonna!
Possibile che non abbiate altri specchi in casa, o pseudomodelli di questa bella gioventù?
Possibile che non trovate altri che vi facciano una foto se proprio la volete fare?
Il babbo, la mamma, che avrebbe più piacere che tu non facessi vedere al mondo intero che il bagno qualche volta non è perfettamente pulito, la nonna, che avrebbe molto più piacere che il mondo non sappia che porta la dentiera. (Al babbo non gli frega niente se si vede che lascia le lamette e la schiuma da barba a giro). Possibile che vi dovete fare costantemente foto su foto? Ma perchè? Mah.


Se poi vi prendono per il culo per queste cose, io in primis, non vi stupite. Siete artefici del vostro destino.

lunedì 20 luglio 2009

Se potessi avere mille lire al mese ovvero come non ci si accontenta mai

Non vorrei continuare a scagliarmi contro gli hip-hoppettari però anche loro se le cercano. J-ax e Marracash che cantano "il commercialista è la vera rockstar, ho sbagliato mestiere, altro che fare l'artista". Dio mio che palle. Non ho voglia nemmeno di commentare, e dire che mi piace parecchio e provo sollievo e soddisfazione a fare critiche. Ma cosa vuoi che sei riuscito anche a sfondare cantando, che è la tua passione, hai successo e ci campi? Se riesci a farti la denuncia dei redditi da solo bene, se non ci riesci il commercialista la fa per te e poi molto probabilmente prende una quantità di soldi proporzionale al calibro dei clienti che ha. Che non sarebbe giusto si sa, ma in un mondo d'ingiustizie funziona così. Queste canzoni le puoi fare quando non sei nessuno, a un certo livello è come i Clash che cantano Career Opportunities allo Shea Stadium prima di sciogliersi. Cadi in una certa contraddizione dovuta alla tua fama e al tuo reddito (il paragone è esagerato ma è il primo calzante che m'è venuto in mente). Senza parole.

venerdì 17 luglio 2009

Lettera (52)




L'altro giorno ho realizzato uno dei miei sogni di quand'ero piccolo, ho provato una macchina da scrivere. Originale d'epoca, se si può parlare di epoca riferendosi a quasi trent'anni fa. Una Lettera 52 (1980) della Olivetti, la marca più venduta e famosa in Italia. Se non si ha davanti un oggetto simile non si può parlarne. Bisogna relazionarcisi, è questo il punto. Appena l'ho vista in camera della mia zia, riesumata ma in ottimo stato, l'ho presa e l'ho portata in una scrivania davanti a una finestra, per avere maggiore visibilità. Un minuto e mezzo dopo, il tempo impiegato per capire dove andava infilato il foglio, sono partito. Il rullo era originale però l'inchiostro un pò secco. Le prime lettere battute, a casaccio, tanto per provare, non venivano scritte sul foglio. Ho provato a battere più forte e allora sono venute. Ma anche in passato bisognava avere diti potenti così? Mi sono adeguato alla circostanza, d'altra parte con un oggetto simbolico e mitico così non c'era tanto da sindacare. Non riuscivo a guardare solo i tasti, dovevo ammirarla tutta, nella sua imponenza grigio-bianca. Il foglio intanto scorreva, altri due minuti per capire come andare a capo. L'operazione è manuale, non basta premere invio, che d'altronde non c'è nemmeno. Una levettina vicino al foglio a sinistra dava l'avvio a un nuovo rigo di scrittura. Prima facevo scorrere il foglio ma non funzionava, serve solo a inserire il foglio. Mezza pagina l'ho scritta solo per abituarmi, poi ho cominciato a fare un discorso serio. Ho riportato un pò delle parole che sto scrivendo, le impressioni che mi dava quest'oggetto, nulla di più, anche perchè non avevo nient'altro da scrivere. Immaginavo chi potevo sembrare davanti questa macchina da scrivere in un pomeriggio assolato di Luglio. Un detective privato mentre scrive l'ennesima relazione per l'ennesimo caso risolto, con un sigarino in bocca, camicia e pantaloni color cappuccino tenuti su da bretelle nere sottili ma ben resistenti. Vicino alla porta l'attaccapanni con l'impermeabile d'ordinanza, vecchi armadi con fascicoli ammassati, la porta a vetri con nome, cognome e qualifica scritte con scotch nero. E lo scotch, il liquore, che riempiva per un quarto il bicchiere appoggiato accanto la macchina da scrivere. Oppure, molto ironicamente, la signora Fletcher, in attesa di poter infliggere qualche rito voodoo per formare un'altra puntata della serie. Se non fosse che è un pò troppo nuova per essere la macchina da scrivere che si vede nella sigla iniziale. Oppure un qualsiasi giornalista di più di 30 anni fa. Nel mentre scrivevo, impreciso, sbavando, sbagliando le lettere (dovete sapere che la tastiera è ordinata in modo diverso rispetto a una tastiera del computer, infatti la z è al posto della w, la m è vicino alla l e poi mancano ovviamente alcuni tasti), ciccando le lettere perchè usavo la mano sinistra. Ci vuole molto esercizio, una specie di ginnastica ditale, se così si può chiamare, prima di poter scrivere qualcosa di leggibile. Poi il rumore, favoloso. Per scrivere lettere impresse nel foglio bisogna picchiare sodo, e questo picchiare dava un rumore strano, molto meno delicato di quello che sto sentendo in questo momento mentre scrivo. Un rumore secco, tribale, un concerto di percussioni, monotòno e scoordinato, ma bellissimo. Cerco di scrivere non velocemente, ma con un ritmo, per andare più scorrevolmente e sforzarmi sempre meno. Un concerto di percussioni davanti l'anfiteatro delle aste con le lettere. E' un opera, vera e propria. L'entrata sono i gradoni dei tasti, molto irti, per questo è difficile scrivere con tutta la mano, uno massimo due diti per mano. Rileggo le lettere impresse. Sono il significato della letteratura, qualcosa di impresso, non correggibile se non con qualche rimedio visibilmente brutto. Il foglio rimarrà così, eternamente, e niente lo cambierà, se non lo scorrere del tempo e con esso il deteriorarsi della carta. Ma quello che è stato deciso dallo scrittore non si tocca, nossignore. Bisogna essere responsabili verso l'umanità intera di ciò che si scrive, una ripresa in chiave tipografica della filosofia sartriana. C'è da esserne orgogliosi. Orgoglio di scrivere qualcosa d'importante e orgoglio di fare anche un pò fatica per farlo, perchè tutto il corpo è concentrato e in azione per dare il meglio di sè in poche righe. Impiego piccoli gesti, ma importanti, in quest'era digitale statica fisicamente e dinamica mentalmente. Arrivo in fondo al foglio, ma non voglio continuare, mi è bastato. Forse un giorno ne comprerò una per me, e forse anche questo blog lo pubblicherò su carta stampata a macchina, ovviamente scannerizzata al computer. Per non perdere il vecchio ma nemmeno rifiutare il nuovo.

domenica 12 luglio 2009

Anche gli stupratori hanno una vita politica..

.. oltre alla vita segreta che gestiscono ovviamente all'oscuro di tutto e tutti. D'altra parte, come non sapevano niente i familiari e gli amici, figuriamoci Franceschini o Veltroni!
La questione morale in cosa consisterebbe? Nel fatto che forse ha agito perché traumatizzato dalla prossima scelta obbligatoria tra Franceschini, Bersani o Marino? O forse perché dopo anni di sconfitte, tensioni, scatafasci vari, dal Pds al Pd, ha dovuto scaricare tutta la sua rabbia con un'azione così violenta e orribile? E' giusto pensare che sia stato il partito la causa di tutto?

No, il problema è un altro. Sta nel fatto che "con il suo precedente penale nel '96, il partito non poteva permettersi di affidare la direzione di un circolo a un uomo così. "

Ma rilassiamoci dai, altri partiti hanno indagati e condannati affiliati al partito, con tanto di tessera e anche di posti di rilievo, nelle regioni e anche al Parlamento.
Non ci scanniamo su queste cose, suvvia!
Ci sono cose peggiori in Italia (?).

sabato 11 luglio 2009

L'Aquila che soffre

Ho seguito poco il G8. Annoiante e noioso, soprattutto se si è obbligati a seguirlo in televisione (nell'ultima settimana l'hard disk principale si è ritirato a vita privata per cui non ho potuto informarmi per via telematica). Sto seguendo ora un po' la fine, cerco di capire di cosa hanno parlato, quali saranno le conseguenze.

L'aria de L'Aquila deve aver fatto bene al nostro presidente del Consiglio, addirittura sfoggia citazioni che non ci si aspettava: «Come diceva Erasmo da Rotterdam le decisioni più rappresentative sono spesso frutto di una lungimirante follia». Ha aiutato le relazioni interpersonali con i vari capi di stato, soprattutto con quelli abbronzati: «Ieri a cena siamo stati seduti vicini, ci siamo parlati in modo simpatico. Lui mi ha parlato della sua vita privata, io gli ho parlato della mia vita privata. Abbiamo aperto un discorso che potrà sfociare in una stima, simpatia, amicizia, che io credo faciliti i rapporti fra tutti i leader». Ma ora è tempo di vacanze, e mi dispiace quasi per gli aquilani interi, che si dovranno sorbire anche durante le ferie la presenza del "padrone" per sorvegliare i cantieri in corso: «Sto cercando una casa per venire qui ad agosto: ci tengo troppo a questo risultato di consegnare le prime case entro settembre e credo sia opportuna una mia presenza: l'occhio del padrone, si dice, sappiamo cosa produce...». Mi dispiace tantissimo per loro, non bastava il terremoto, la distruzione completa delle abitazioni, l'inagibilità delle altre, i riflettori puntati per più di due mesi, le presenze di moltissimi personaggi importanti che alla lunga stancano, il G8 che ha sottratto possibili abitazioni per ospitare i grandi del mondo, l'impossibilità di manifestare per l'occupazione delle case sfitte, la stanchezza generale, le promesse troppo belle, che quasi sdubbiano, no. Anche Silvio in vacanza ci doveva essere. Le disgrazie non vengono mai da sole.

mercoledì 8 luglio 2009

Scusate l'Assenza

Questo blog riprenderà la sua attività quotidiana al più presto possibile, fatemi riprendere fiato e coscienza della mia presenza nel mondo reale (e non solo in quello fittizio dei libri di scuola).