venerdì 23 luglio 2010

16.48 - 17.11

Trovarsi alle 16.48 a parlare di cosa si sta facendo, in uno dei mille momenti di smarrimento di questo 23 Luglio e di questo Luglio in generale, è un po' uno sfogo. Il tema di questo risentimento è l'estate. La calura, la percentuale di umidità che avvicina l'ossigeno verso uno stato di aria liquida, il sudore. Combinato con l'aspetto tipico dell'estate: la nullafacenza, l'ozio. Niente è così devastante che ritrovarsi a non fare niente un pomeriggio d'estate. Si badi bene, un pomeriggio. Gli altri momenti sono comunque sopportabili, o direttamente evitabili. Riassumendo, la mattina si dorme e la sera si esce. Il pomeriggio no. Il pomeriggio si stagna.


Ho notato una cosa. I ricordi dell'estate, una volta che essa è passata ma siamo sempre durante lo stesso anno, vertono su due punti. Sui posti di villeggiatura, per l'esoticità del posto, per l'eccezionalità dell'evento, per il divertimento voluto o inaspettato, per la compagnia, per il cibo e le bevande. Ma anche sulla propria abitazione. Per tutto il contrario dei motivi. Perchè è un luogo troppo conosciuto (anche se ogni anno si finisce a riscoprire sempre nuovi anfratti o prospettive che assumono tutta una loro utilità), perchè il rapporto tra tempo investito e attività compiutevi è prossimo all'infinito (tempo illimitato/niente da fare), perchè è un luogo in cui non si vorrebbe stare se non in caso di emergenza o se siamo obbligati a farlo, e più o meno succedono entrambi le cose; perchè non vi si verifica niente di eccezionale, ma a causa di tutto il tempo che passiamo qui qualcosa necessariamente rimane nella sconfinata radura dei ricordi che è il nostro cervello.


Ed è per questo che scrivo, per esprimere disagio, nessun elogio, solo disagio. Il non fare assolutamente niente non può portare al sudore. L'immobilità non può far azionare tutto quel meccanismo che spinge i pori piliferi e non a espellere liquidi, non è umanamente concepibile. Quando si sta fermi si pensa di sprecare meno energie del previsto; in questo caso sono comunque troppe. Dannazione! Stare in casa a godersi (termine da rivedere) le ferie è un buon modo per non sprecare energie inutilmente, ma comunque sia dobbiamo buttarne via. E' per questo che anche dormire è fatale, per non trovarsi a abbracciare un cuscino che potrebbe essere un accappatoio usato, e anche stare al computer a scrivere, in quanto i bracci chiusi fanno attrito e appiccicano. Niente è concesso. Se ci fosse un'entità a cui chiedere come risolvere questo mistero, come poter raggiungere la pura inerzia, lo farei. E diventerei pure un suo seguace.


Inoltre, risorgere dalla nullafacenza è tutt'altro che facile. Se si compie una scelta così dura e difficile (nel mio caso lo è, in quanto studiando per l'università ogni momento della giornata potrebbe essere buono per i libri), se si decide di non far vertere la giornata su un'attività particolare, che può rendere o non rendere, nell'immediato o nel futuro, insomma che comporta un sacrificio che può essere ripagato in futuro, insomma, la mente dev'essere libera da ritorni di fiamma e si deve abbandonare all'otium. Il solo leggere libri è affaticante, necessita concentrazione, voglia, partecipazione di te verso il libro ma anche del contrario, e non sempre è facile. Vegetare ricevendo stimoli, come nel caso del computer o di una televisione possibilmente dotata di satellite, è già un'attività più soddisfacente, in quanto meno bisognosa di attenzione, solo di ricezione. Se poi annuisci con la testa indicando di aver capito, questo non lo vede nessuno e non importa a nessuno. Comunque sia, tutte queste possibilità sono lo stesso lontane dal raggiungere quello che io chiamo Nulla. Quando raggiungi il Nulla, o pensi di esserci quantomeno vicino, sei innanzitutto in una posizione comoda, sdraiato o semisdraiato. La tua posizione è con bracci abbandonati a sé stessi e sguardo perso nel primo punto rintracciato dalla vista. Nel Nulla non si fa Nulla. Si pensa, dato che (penso sia così ma la scienza potrebbe smentirmi) i neuroni non fanno sudare. Raggiungere veramente il Nulla porterebbe a fare qualcosa senza subire le conseguenze negative del fare qualcosa d'estate. Sarebbe la risposta che mi darebbe l'entità di cui sopra. Ma siccome è irraggiungibile, il Nulla o quel che si avvicina di più dura poco. Il tempo di accorgersi di non essere arrivato a capo di niente e di ripartire angosciosi verso nuove attività ancora prive di senso ma che occupano tempo e spazio nella vita festiva di un adolescente. 17.11. Anche questo è durato molto meno di quanto pensassi. E lo sfogo, sebbene in origine riempito di buone intenzioni e di pensieri altrettanto ingegnosi, è finito. Vaghiamo in pace.

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