giovedì 30 luglio 2009

Signori, vi vorrei presentare il conte Clochard

[scritto dopo aver letto il titolo di questo articolo]

Io mi offenderei se venissi chiamato così. La mia condizione è disastrata, forse per causa mia o per cause esterne, e voi non volete avere la verità sotto gli occhi nei quotidiani. Bello essere benestanti, anche i telegiornali si sono adattati a voi, quando si parla di guerre sanguinose vi fanno vedere solo le esplosioni, riprese da lontano, con il volume dello scoppio abbastanza abbassato, per non disturbare la sacra famiglia che cena. State bene nelle vostre condizioni, vero? Il dolore di un'altra esistenza, peggiore sotto il punto di vista economico, vi fa ribrezzo, allontanate lo sguardo come quando si trova un piccione morto per strada. Per questo è tutto più edulcorato, per avere il vostro consenso, appoggio, ascolto. Si fa di tutto per l'ascolto. Si può anche adottare un termine francese, "clochard", per non dire che in realtà è un "barbone", un "senzatetto", uno che non ha casa, il più delle volte non ha lavoro, mendica per vivere e mangia alla mensa dei poveri. Io mi sentirei offeso a essere chiamato clochard. Che senso ha usare un termine francese? Serve a nascondere la verità, ad allontanare lo sguardo e la presenza dalla realtà della situazione. Perchè in realtà fa schifo il barbone, fa schifo il fatto che non può lavarsi, che ha vestiti sudici addosso. Il clochard invece? Fa schifo lo stesso, però il francese ammorbidisce tutto, ammorbidisce il puzzo che sembra quasi uscire fuori dalle pagine del quotidiano dove è riportata la notizia, ammorbidisce l'animo del lettore, ma realmente non migliora la condizione del disgraziato.

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